Il secondo viaggio in Scozia – 2° parte

7 agosto 2020
Se il buongiorno si vede dal mattino… oggi sarà un sogno! Appuntamento alle 8.00 sul Royal Mile dai nostri amici di ScoziaTour per partire finalmente alla volta delle Highlands e del fatidico Loch Ness. Dopo la nostra colazione salata [ahhh ormai possiamo quasi considerarci autoctoni! 🤣], ci incamminiamo nel fresco del mattino verso il luogo dell’appuntamento, dove ci ritroviamo con gli altri partecipanti al tour.
Con tutte le precauzioni del caso [mascherina indossata per tutto il viaggio sul mezzo dell’agenzia] ci posizioniamo, allacciamo le cinture e scalpitiamo per la partenza!

La nostra guida si chiama Valeria, una ragazza davvero simpatica e alla mano [e con una magnifica chioma rossa e riccia… mi fa pensare subito alla mia grande amica Cri!].
Ci intrattiene magnificamente, passando dalla storia alla geografia, da quiz musicali ad attori famosi. Interessante e divertente, il viaggio in auto vola via con la bellezza dei paesaggi scozzesi che scorrono fuori dal finestrino.

Ma andiamo con ordine, prima tappa Loch Lubnaig.
Parcheggiato il furgoncino nello spiazzo dedicato, ammiriamo le rive del lago: siamo a due passi dall’acqua!
Il tempo purtroppo non è dei migliori, ma siamo in Scozia e quindi va bene così!
Il cielo nuvoloso si specchia nel lago e rende cupo il colore dell’acqua, i boschi di un verde scuro e intenso incorniciano la riva opposta del lago… very dramatic view!

Valeria ci istruisce sulle tempistiche: da qui alla prossima tappa non si incontreranno bar o bagni, sicché ci dice di approfittare del chiosco che c’è qui per una bevanda calda [è proprio freschino!!] e la tappa “bagno”. Mentre la maggior parte di noi si mette in fila al bar [The Cabin], gli altri fanno la stessa cosa per il bagno, tra cui Diana.
Sembra un discorso da approfondire? Parrebbe di no… se non fosse l’avventura della giornata!!
Porto le cioccolate calde al tavolino in riva al lago, dove c’è Mirko appollaiato a rimirar le acque, e noto che Diana non è ancora tornata. Torno al chiosco, mi affaccio alla porta dell’anti-bagno e chiamo mia figlia per sapere dietro a quale porta sia, perché ce ne sono 3. Mi risponde dicendomi “son qui” – bussando sulla porta – “ma la porta non si apre più!”
“ma non l’hai visto il cartello attaccato alla porta? dice “NON USARE”… ci sarà un motivo eh?”
“eh, non ci ho fatto caso” dice lei con un tono tra il preoccupato e l’innervosito.
“ah niente, aspetta che sentiamo dalla ragazza del chiosco”
“sì ma non andare via! provo a scavalcare o a passare da sotto!” e si sente lei che si muove all’interno del loculo.
“ma va là! aspetta un attimo, son qui di fianco dalla ragazza. Sta’ buona lì” anche io sono tra preoccupazione e nervosismo.
Mi giro e fortunatamente c’è Valeria proprio a un passo. Le spiego in due parole [perché è abbastanza evidente] chiedendole aiuto nel riportare il tutto alla barista: il suo inglese è decisamente migliore del mio!!
La barista, gentilissima e paziente, ci spiega che la serratura all’interno è rotta e passa un coltello sotto la porta a Diana affinché lo usi per far slittare il perno [o quel che ne resta, visto che è spezzato] e sbloccare la serratura.
“Diana fai una foto alla serratura così ti diciamo cosa fare se non riesci” le dico mentre le passo il telefono da sotto la porta.
Diamo un’occhiata alla foto e in effetti c’è un moncherino di perno da cercare di far slittare a lato.
Diana smarmina [termine tecnico per indicare tentativi multipli di risoluzione del problema] per un paio di minuti cronometrati, mentre l’ansia di tutti sale alle stelle… non solo questa è chiusa lì dentro ormai da 10 minuti, c’è da dire anche che il tempo passa e tra poco dobbiamo ripartire!!
“eeeeeeee se non si sblocca?”
“Diana stai calma perché altrimenti non ci riesci per forza”
“mmmmmm che pall…”
“Diana piantala!”
Finalmente la porta si sblocca, lei esce e dopo un forte sospiro dice “ahhhhh! beh non ero neanche tanto impanicata!!”
Scoppia una risata generale, Valeria traduce alla barista che parte a ridere mentre scossa la testa e torna al suo lavoro, mentre tutti noi la ringraziamo quel centinaio di volte.

Passato il momento di rasserenamento, prendo Diana da parte, mentre andiamo al famoso tavolino con le famose e ormai fredde cioccolate e con Mirko che ci guarda con aria interrogativa come a dire “come mai ci avete messo tanto?”, e le chiedo con amorevole e materno garbo: “ma come cazzo hai fatto a chiuderti dentro? se era rotta, come hai fatto a chiudere la serratura???”
“eh.. mi sembrava rotta, ma son riuscita col dito a farla slittare, solo che dopo non riuscivo a riprenderlo per aprire”
“e il cartello grande sempre? come hai fatto a non vederlo! DO NOT USE! Porca miseria lo sa anche papà cosa vuol dire!” [parentesi: considerando che Mirko non spiccica parola in inglese, il paragone è più che esaustivo!]
“eh, oh…” dice lei a occhi bassi
E naturalmente, mentre io son lì incacchiata come una pantera, Mirko si esibisce in facce strane cercando di trattenersi dal ridere mentre si immagina la scena… e, naturalmente, poi scoppiamo a ridere tutti e gli racconto i dettagli!
Alla battuta di Diana “non ero neanche troppo impanicata” ormai muore soffocato dal sorso di cioccolata che aveva appena bevuto!

Bon! Ci siamo fatti riconoscere subito anche qui! 😅

Valeria richiama tutti all’ordine e risaliamo sul mezzo, mentre gli altri partecipanti ci sorridono e ci chiedono “tutto ok?”… che carini!

Si riparte, destinazione Fort Augustus: sulle rive di Loch Ness!

Come anticipato, questo tratto dura un paio d’ore e Valeria ci fa sgranchire le gambe 5 minuti facendo tappa in un’area di sosta non casuale: è il punto perfetto per ammirare il panorama collinare con incastonato il Loch Tulla.
Davvero una bella sosta!

Ripartiamo con un bel sottofondo musicale mentre Valeria si riposa le corde vocali qualche minuto, gli occhi incollati alla bellezza che ci scorre accanto.

Un’altra fermata, meritatissima, è la valle di Glencoe. Ci fermiamo, poco prima, al punto d’osservazione delle Three Sisters, tre vette sorelle [appunto] molto suggestive. I dintorni sono un tributo alla natura: è vero che la statale passa proprio da qui, ma sembra quasi non esserci altro che montagne, cascatelle, arbusti, rocce. Pace. Pace assoluta.
Qualche scatto, anche se il momento non è dei migliori: nonostante il cielo nuvoloso, siamo decisamente controluce! Pazienza, tentiamo di immortalare qualcosina ugualmente.

Una bella boccata d’aria prima di tirar su di nuovo la mascherina e risalire sul nostro mezzo, con una splendida sorpresa poco più avanti. Dopo una grande curva, la valle si apre alla vista e lascia a bocca aperta, o almeno per me è così. Mi innamoro subito di quel bellissimo cottage bianco, solitario sotto le montagne e affiancato dal piccolo lago Achtriochtan… sembra un dipinto!
Peccato vederlo scorrere dal finestrino, senza potersi fermare qui. Credo potrei rimanere davanti a quel cottage per ore, probabilmente facendo del pressing a chi lì ci abita, restando fuori con un bel cartellone appeso al collo che cita “ehm… me lo vendi??”

Si prosegue, con i soliti occhi a cuoricino puntati ben bene al di là del finestrino.
E arriviamo in prossimità di Fort William dove Valeria, tutta contenta, ci indica il Ben Nevis [“oggi non è timido e si fa vedere! Spesso è coperto da nebbiolina o nuvoletta”] e ci informa: con i suoi 1345 mt di altezza, è la montagna più alta della Gran Bretagna.
Ok sì, qui in Italia siamo abituati a chiamare “montagne” vette ben più vertiginose, ma devo dire che il Ben Nevis fa la sua figura: nonostante la forma dolcemente arrotondata, trasmette un senso di imponenza.

Il viaggio prosegue, nel suo ultimo tratto, costeggiando i laghi Lochy e Oich che si lasciano intravedere a tratti tra il folto degli alberi.

Ed eccoci a Fort Augustus.
Parcheggiamo accanto al canale mentre Valeria ci illustra le opzioni: mini-crociera sul Loch Ness o giretto a piedi per il paese, poi pranzo e ritrovo al parcheggio.
Optiamo per la crociera, nonostante le recensioni non troppo edificanti, perché modo migliore per osservarne le acque in effetti non c’è. Valeria non sale con noi, e questo ci lascia in balia della guida autoctona [molto autoctona 😱] di cui ovviamente riusciamo a capire 1 parola su 15! Ma va bene così: ascoltiamo ugualmente questo ragazzo giovanissimo che spiega, indicando il monitor presente sul battello, le varie profondità del lago e il punto dove potrebbe in effetti aver casa il super famosissimo Mostro.

Eh sì perché Nessie è lì sotto che gira e se la ride pensando “non mi troveranno mai!” 🤣

Il battello si allontana dal canale per qualche km per poi fare una bella inversione a U e tornare in sede, sicché in effetti in sé per sé non è chissà cosa, però appunto dà la possibilità di ammirare da vicino e ritrovarsi al centro delle misteriose e affascinanti acque nere del lago. Non solo, è meraviglioso lasciar vagare lo sguardo dalle rive, con i loro splendidi boschi, all’orizzonte piatto dell’acqua che sembra proseguire all’infinito.

Tornati a riva e scesi dal battello, ci incamminiamo alla ricerca di cibo: ridendo e scherzando è ora di pranzo! Valeria ci consiglia un posticino per il fish&chips molto rinomato, il “Monster fish&chips Co.”, che scopriamo essere lo stesso dov’è stata una coppia di amici qualche anno fa. Ci fiondiamo e ci mettiamo in fila, dove ritroviamo alcuni dei nostri compagni di viaggio e con cui chiacchieriamo una volta seduti col nostro fish&chips fumante! Devo dare ragione alle recensioni [e agli amici]: il pesce è davvero ottimo, un filetto enorme e carnoso, con però la pastella morbida e non croccante.
I nostri compagni di viaggio ci raccontano delle loro esperienze precedenti in Scozia e dei loro viaggi in giro per il mondo, e ci fanno sognare parlando del loro preferito: parco nazionale di Yellowstone!

È tempo di tornare da Valeria. Qualche scatto al canale, un salto dentro un negozietto di souvenirs [necessito calamita di Nessie!] e la foto di rito al Loch Ness view point.

Si riparte per le prossime tappe sulla strada di ritorno a Edimburgo.

Ripercorrendo un tratto della A82 all’indietro, ci fermiamo al Commando Memorial. Purtroppo incontriamo pioggia e vento, e la sosta è ahimè rapida: uno sguardo al monumento ai caduti della Seconda Guerra Mondiale, all’Area della Memoria [dove sono deposte le ceneri di molti soldati] e alla splendida cornice data dal paesaggio circostante.

Quasi fradici, rientriamo velocemente sul mezzo e ripartiamo, mentre Valeria ci racconta un po’ di storia al riparo dalla pioggia mentre si immette sulla strada.

Per arrivare alla prossima tappa ci vuole un po’ più di un’ora e quindi ci rilassiamo tutti sui sedili e scambiamo due parole tra di noi. Fuori dal finestrino scorrono boschi e pioggia, quale migliore occasione per due chiacchiere.
Dopo una mezz’ora buona, Valeria rallenta un pochino e ci mette sull’attenti per avvistare, alla nostra destra, una piccola ma caratteristica casetta.
Alla faccia! Sarà pure piccola ma è una meravigliosa costruzione in pietra scura, con una torretta da favola che custodisce una scala a chiocciola: Gatelodge, a fianco dell’ingresso principale della tenuta Ardverikie [che non vediamo perché molto molto interna rispetto al cancello], in passato dovrebbe essere stata la casa del custode mentre ora è uno degli alloggi della tenuta prenotabile per le vacanze… mooolto interessante!

Ascoltiamo Valeria nei suoi racconti alcolici… detta così suona male, riformulo: Valeria apre l’argomento whisky [così va meglio 😅] per collegarsi al prossimo avvistamento.
Siamo arrivati a Dalwhinnie e a comunicarcelo è il grande complesso, bianchissimo e dai tetti neri che lo rendono ancora più affascinante: la distilleria!
Peccato non potersi fermare per una bella degustazione! Ahimè sfrecciamo oltre mentre piano piano la pioggia ci lascia, anche se il cielo resta minacciosamente grigio.

C’è da dire che sì, la giornata non è meteorologicamente la migliore ma questo cielo, fitto di nuvole chiare e scure, dona davvero un’aria drammatica e mistica al resto dell’aspro paesaggio. Insomma, che ci sia pioggia o sole, gli occhi si riempiono di bellezza scozzese. Punto.

Proseguiamo per una quarantina di minuti prima di varcare l’ingresso del paesino di Pitlochry, dove veniamo accolti da una sfilarata [tradotto: lunga fila] di cottages vittoriani da far paura! Sono troppo belli, me ne serve uno!!
Qui ci sgranchiamo un po’ le gambe: lasciamo il nostro mezzo nell’area parcheggio e Valeria ci lascia un’oretta in libera esplorazione.

Tornati sulla strada principale il gruppo si divide: chi passeggia guardando le vetrine, chi si inoltra nelle stradine laterali e chi decide di approfittare per una birretta… appena all’interno di una laterale, cattura il nostro sguardo una carinissima piazzetta acciottolata, con grandi botti rivisitate a fioriere e file di tavolini in legno. The Old Mill Inn, veramente una chicca! Non è naturalmente solo un bar, ma è anche ristorante e hotel.
Ci sediamo a un tavolino sotto a un grande gazebo, a cui si accede tramite una passerella in legno molto simile a un piccolo ponte seguito da qualche scalino a scendere. Vediamo altri clienti arrivare al tavolo con le loro ordinazioni e deduciamo quindi che l’ordine si faccia a banco, così mi dirigo verso l’entrata già traducendomi in testa cosa dire… che ansia! 😅
Bene, a banco c’è una ragazza gentilissima che deve aver capito in zero secondi di aver davanti una turista straniera e parla in maniera chiara e [immagino] un po’ più lentamente del suo standard… grazie, ti voglio già bene!
Gentili gli scozzesi, vero?! Altrettanto vero credo sia però la lentezza nel servizio… o forse siamo noi che siamo sempre di corsa? Fatto sta che sia inevitabile fare un rapido confronto [Italia, bar, ordine, birra in mano: tempo stimato 5 minuti – Scozia, bar, ordine, birra in mano: tempo stimato 15 minuti] e un rapido calcolo: ci restano 25 minuti prima di rientrare sul nostro mezzo!
La barista mi passa il vassoio con due birre [una bionda e una rossa] e una coca-cola, ci sorridiamo, ringraziamo e salutiamo a vicenda ed esco dirigendomi al tavolino, sperando di non far cadere tutto [me compresa] nel tragitto fatto di ponti e scalini.
Mirko mi guarda arrivare e già capisco cosa vuole chiedermi, sicché lo precedo: “non è colpa mia, ci hanno messo un secolo a servire… lo so che resta poco tempo, la cacceremo giù in fretta!” e la buttiamo sul ridere.
La birra è veramente fredda [ma anche veramente buona] e anche l’aria non scherza, ma da bravi bevitori nulla ci spaventa e superiamo la missione: birra trangugiata e arrivo per tempo al parcheggio! Fatto anche una foto al volo alla via principale, beccati questa!

Valeria ci riaccoglie con un sorriso chiedendoci anche cosa abbiamo fatto in questa ora. Detto della sosta birra e della velocità di bevuta, lei sgrana gli occhi e dice “beh ma potevate fare con calma, dai! Qualche minuto non faceva mica differenza”, e noi “nessun problema, alla peggio ci sentirete o ridere o russare sul pulmino!” 🤣

In effetti da adesso le soste sono finite: tutta una tirata, sull’autostrada, fino a Edimburgo… potremmo anche farci una pennichella! 😴

Costeggiamo colline, boschi e campagne, sempre accompagnati da un cielo meravigliosamente cupo. A tratti avvistiamo qualche tetto o interi paesini, qualche simpatica pecorella bianca dal musino nero… tutto ci scorre accanto ed è rilassante lasciar vagare lo sguardo in questi spazi.

Arrivati nei pressi di Perth, è la campagna a farla da padrona: le colline si sono allontanate, lasciando spazio a campi e abitazioni.
Dopo aver costeggiato Dunfermline, sempre in autostrada, la visuale si apre davanti a noi e si inizia ad intravedere un intreccio di fili bianchi all’orizzonte. “Cos’è? Un ponte?” chiede uno dei nostri compagni di viaggio.
Eh sì, è proprio un ponte: bianchissimo e formato da tre grandi “vele”, è il Queensferry Crossing.
Nel momento in cui ci siamo trovati sul ponte, non abbiamo potuto non vedere gli altri due ponti sul Firth of Forth: il Forth Road Bridge e il famosissimo Forth Bridge [o Forth Railway Bridge], il ponte ferroviario rosso interamente costruito in acciaio alla fine del 1800… una vera meraviglia ingegneristica.
Alla fine del ponte, sappiamo che l’avventura odierna è quasi finita: manca poco al rientro a Edimburgo.

Il piccolo furgoncino della ScoziaTour rientra alla base fermandosi in Lawnmarket, sul Royal Mile, per far scendere tutti noi e salutarci nella tenue luce serale.

Mentre tutti gli altri si incamminano verso le proprie destinazioni, noi tre restiamo sul miglio reale e controlliamo su Google Maps a che altezza rimane il locale in cui abbiamo prenotato un tavolo… eh sì, stasera ci viziamo un po’ e ci togliamo la voglia di una bella cena in centro storico!
Il Whisky Bar & Restaurant è la nostra destinazione.

L’atmosfera è quella di un pub: muri scuri e tanto legno, luci soffuse e bancone in bella vista alle cui spalle le mensole strabordano di bottiglie di ogni tipo, tavolini e sedie di legno in fila contro le pareti piene di quadretti, specchi e luci.

I ragazzi che ci fanno accomodare e che ci portano i menu sono tutti giovanissimi e molto gentili.

Ormai innamorata della zuppa assaggiata a Leith, Diana ordina una Cullen Skink e un fish&chips. Mirko si lancia sulla Haggis Tower, una vera e propria torretta composta da tre strati: purè di rape, purè di patate e infine haggis, il tutto accompagnato da una strepitosa salsa al whisky. Io vado di filetto di salmone con salsa al limone e purè di patate. Diana si fa la sua dose di Coca [detta così suona malissimo…. Coca-Cola, ovviamente!] e noi grandi invece si va via di birra [un’altra, sì lo so, un’altra… shhhh 😳].

La cena è davvero ottima e ottimo è il locale, questo non ce lo dimentichiamo di sicuro!

Torniamo all’aperto e ci godiamo la luce del tramonto passeggiando fino alla Esplanade del castello. Il cielo cambia colore e diventa porpora, con poche nuvole sparse a impreziosirlo.
Qualche foto, anche se ormai di questa zona ne abbiamo un bel po’, e poi iniziamo a prendere la via dell’hotel.

In camera, ripercorriamo la giornata dicendo cosa ci ha entusiasmato di più e poi… crolliamo!

8 agosto 2020
Driiiiinnnn! Giù dal letto! Altro giorno, altro tour!

Di nuovo al punto di incontro ScoziaTour per partecipare a “Harry Potter e castelli inglesi” 🤩
Già il nome dice tutto, quindi posso anche non raccontare nulla… e invece no, lo racconto lo stesso!

C’è una ragazzina che non vede l’ora di iniziare a far vagare lo sguardo sui castelli e ad ascoltare la guida parlare del famoso maghetto e della penna che lo ha creato… e poi c’è Diana [anche lei non vede l’ora eh!] 🤣.

Preparazione, colazione e partenza alla volta del punto d’incontro sul Royal Mile: ormai potremmo fare il percorso a occhi chiusi!

La giornata è splendida, non c’è una nuvola nemmeno a pagarla… spettacolo!

Serve una piccola premessa: al momento della prenotazione del tour, purtroppo ci hanno informato che il castello di Alnwick, che ha dato forma alla mitica Hogwarts, era chiuso a causa delle restrizioni Covid. Avremmo fatto comunque una sosta per ammirarlo quantomeno da fuori, aggiungendo una tappa al tour per compensare.
Ammetto che sia stato un duro colpo [😂], ma abbiamo accettato di buon grado l’alternativa: Lindisfarne, Holy Island.

Ma andiamo in ordine.

Siamo in attesa degli altri partecipanti, che arrivano in contemporanea alla guida, Martina, e… siamo così pochi? Martina controlla l’elenco: un’altra coppia dovrebbe essere in arrivo e poi ci siamo tutti e 7, 8 con lei.

Dopo una decina di minuti d’attesa, tra una presentazione e una chiacchiera, Martina ci dice di salire sul mezzo “così aspettate seduti”. Scappa il commento generale “viva la puntualità” e anche la nostra guida sembra spazientirsi.
Arriva infine questa coppia di ragazzi a velocità bradipo, con un caffè Starbucks in mano… secondo commento in coro “no ma con calma anche…”

Beh se il buongiorno si vede dal mattino… iniziamo bene no?

Martina, giustamente, intima alla coppia di finire velocemente la colazione e salire perché siamo in ritardo sulla tabella di marcia. I ragazzi cestinano i bicchieri, salgono e si scusano anche con noi per il ritardo.
Va beh vah… per stavolta… 😒

Dai, dimentichiamo l’inizio imperfetto e concentriamoci sul viaggio!

Usciamo da Edimburgo, questa volta in direzione sud-est, verso il confine con l’Inghilterra.
La nostra prima tappa, a poco più di un’ora di strada, è un paese molto carino e caratteristico, famoso per le sue mura che racchiudono il centro storico:
Berwick-upon-Tweed.

Ci fermiamo per un’oretta, e Martina ci consiglia un paio di cose da fare tra cui scegliere: passeggiata per il paese e vista dei ponti sul fiume Tweed [Old Bridge (o Berwick Bridge), Royal Border Bridge e Royal Tweed Bridge] oppure passeggiata sulle antiche mura verso il Mare del Nord.
Non lo dico nemmeno cosa abbiamo scelto noi…
Ci prendiamo il tempo per qualche scatto, dai bastioni elisabettiani al cimitero, dal verde dell’erba al blu del mare, ma soprattutto riempiamo gli occhi del meraviglioso paesaggio davanti a noi.

Il tempo purtroppo ci sfugge via ed è tempo di tornare al parcheggio dove ci aspetta Martina: fugace tappa snack per la figliola patita… e via, a bordo!

La nostra seconda tappa, ci spiega Martina, è Lindisfarne [o Holy Island], l’isola di marea. Così detta per via del suo diventare isola quando sopraggiunge l’alta marea e tornare a far parte della terraferma quando la strada riemerge con la bassa marea, Lindisfarne ci accoglie con il suo piccolo agglomerato di basse casette e con i suoi grandi spazi aperti.

Passare con l’auto su questa strada, sapendo che qualche ora prima era sommersa, fa strano in effetti… emozionante!

Costeggiamo il centro abitato, che pare contare meno di 200 persone, e ci fermiamo in uno spiazzettino. Da lì ci dirigiamo a piedi verso il castello solitario e a pochi metri dal mare.

La passeggiata è resa ancora più interessante dal muretto a secco che ci accompagna fin quasi al castello e dall’essere completamente esposti all’aria fresca e al sole. Questo spazio immenso e aperto è meraviglioso e lo sguardo corre dal luccichio dell’acqua all’erba, alle barche inclinate sulla secca e naturalmente al castello che spicca come una torre su questo piano verdissimo.

Arrivati vicino alla fortezza, notiamo che ci sono vari sentieri tracciati attorno a noi: c’è quello che va direttamente al castello, uno che ci gira attorno e che si collega ad altri che portano alla spiaggia, e uno che si allontana verso una recinzione solitaria in mezzo al nulla… e siccome noi siamo curiosi, prendiamo proprio quest’ultimo.

Sempre accompagnati dal bellissimo muro a secco, che diventa poi muro perimetrale di questa sezione, eccoci arrivati davanti al cancello: lo scrigno di pietre racchiude un bellissimo giardino, il Gertrude Jekyll Garden, pieno zeppo di fiori, piante e arbusti dai mille colori. Dalla targa a lato, scopriamo che la signora Gertrude ha creato questo giardino nel lontano 1911… wow!

Camminiamo ancora sul sentiero in direzione mare, per poi tagliare di nuovo verso il castello. Non entriamo a visitarlo perché ahimè il tempo a disposizione per questa tappa si sta esaurendo. Ci giriamo intorno, sostando in vari punti per ammirare lui, il panorama e il mare, e per fare un [bel] po’ di foto!

Niente, è ora di rimetterci in moto e proseguire verso il castello di Alnwick… di cui non avrei mai immaginato la pronuncia, maledetto! Sentito nominare da Martina un paio di volte, le chiedo: “aspetta, scusa, come si pronuncia?” “ ‘Anik’ ” dice lei, e io così 😳 “e la L e la W??? dove sono finite?” Martina se la ride mentre alza le spalle e aggiunge “mistero dell’inglese!”
No va beh…

Tempo mezz’ora e ci siamo, si vedono già dalla strada le mura che spuntano tra gli alberi.

Martina prende il vialetto che porta al parcheggio del castello per chiedere se sia possibile entrare a vederlo anche solo da fuori.
Gli addetti non sono molto per la quale e ci dicono di andare a parcheggiare poco più avanti, in paese, e di arrivare a piedi alla biglietteria da dove “don’t worry, you’ll see something” … 😟
Così facciamo e ci incamminiamo verso la biglietteria: è vero che non faremo i biglietti e non entreremo, però se qualcosina riusciamo a scorgere va bene dai…
Il grosso problema è che questi simpaticoni non ci fanno affacciare nemmeno un pochino.
Martina ci prova in tutte le maniere a spiegare che eravamo convinti che il castello fosse ancora chiuso, non visitabile. Invece, avendo scoperto proprio ora che il castello era sia aperto e sia visitabile, avrebbe piacere a far vedere al suo gruppo del tour almeno il parco e la parte esterna.
Non c’è verso, pazienza.
Ne approfittiamo per dare un’occhiata a quello che abbiamo attorno e alla piccola piazzetta che c’è qui accanto alla biglietteria: barettino, ristorante e una fontana un po’ particolare…
Sembra una cascata. Dal punto più rialzato l’acqua scende nelle vasche sottostanti. È in effetti molto carina e vorremmo farle una foto, già che ci siamo… L’addetto alla sicurezza [si presume dalla divisa] ci sorride, facendo di sì con la testa come ad acconsentire la fotografia ma poi non si sposta da lì e quindi la bella fontana è accompagnata dal simpaticissimo inglese di turno.

E qui i commenti sulle differenze caratteriali tra inglesi e scozzesi si sprecano proprio!
Ma noi non ci perdiamo d’animo perché siamo un bel gruppo compatto e coeso e con la nostra super guida Martina decidiamo il da farsi mentre ci prendiamo una pausa caffè.
E la pensata è questa: pranzo qui in paese, vista ormai l’ora, e giretto a piedi. Il gruppo si divide: chi va alla ricerca di un pub, chi di un bar, chi di un ristorante e chi come noi trova dei banchetti [nella piazza del paese] che elargiscono cibo da strada.
E hamburger sia!
Considerando il mio super inglese, vado a ordinare tre paninozzi allo stand di due ragazzi giovani e sorridenti. Ovviamente mi sgamano subito: “Italy???” E io annuisco con un sorriso sconsolato. I due si prodigano in una presa in giro bonaria, buttando lì parole italiane a caso e gesticolando come tarantolati.
Ce la ridiamo serenamente mentre tentiamo di comunicare in un mix italo-inglese da far venire i brividi… non so chi stia facendo la figura peggiore 😂
Tolto il siparietto, devo dire che il panino è davvero buono! Birretta di accompagnamento e il pranzo è servito.

Oltretutto non siamo soli: un nostro compagno di tour è qui con noi. Ci siamo trovati bene nelle chiacchiere e le abbiamo proseguite durante il pranzo. Ci racconta un po’ di lui e del suo approccio a questo tour: è vero che abita qui [maledetto!!😩] già da qualche anno, ma non ha ancora fatto il “turista”, così ha deciso di partecipare a questo tour per godersi un po’ di paesaggi e di storia.
Parlando poi di lavoro, ci chiede cosa facciamo noi in Italia. Mirko risponde “metalmeccanico” e io “grafico”, al che si illumina e fa “ma te qui faresti in un attimo a trovare lavoro! Qui impazziscono per gli italiani che hanno a che fare con moda, arte e compagnia bella, e il tuo lavoro comunque rientra nella creazione artistica!”
Non so se piangere o abbracciarlo… decido quindi di assestare una pacca sul braccio di Mirko esclamando “vedi porca miseria? Dai trasferiamoci!! Io lavoro e te fai il casalingo!” 🤩
…. Niente, ho il marito poco collaborativo…

Va beh, diamo un’occhiata all’orologio… dai abbiamo il tempo di fare due passi per la strada principale del paese prima di tornare al parcheggio per la ripartenza.
Alnwick sembra proprio carino, teniamo presente un giro approfondito del paesello quando torneremo [perché TORNEREMO!] per visitare il castello.

Bene, ci siamo e ripartiamo alla volta di Bamburgh!
La strada, a pochi km dall’arrivo, costeggia le scogliere. Il Mare del Nord appare in tutto il suo splendore e ci accompagna fino a destinazione.
Il castello è SUL mare nel vero senso della parola. Imponente, si staglia sullo sfondo blu profondo delle acque e sul dorato della spiaggia.
Macchie di verde e viola colorano l’altura su cui sorge la fortezza e tutto l’insieme sembra un dipinto prezioso.

Scendiamo dal nostro mezzo accolti da un vento allegro che ci scompiglia e ristora, assieme al calore del sole: la giornata è sempre più bella!

Anche qui il gruppo si divide: chi scende verso la spiaggia per fare due passi all’aria aperta, chi decide per la visita del castello.
Noi, questa volta, siamo un po’ indecisi. Alla fine optiamo per la visita, che ci porta sia all’interno delle varie sale, sia all’esterno per godere del panorama.

Tecnicamente la nostra guida non potrebbe entrare con noi, o meglio: può entrare come visitatrice ma senza farci da guida spiegando e raccontando… ahhh queste regole! Che poi, posso capirne il senso: la visita guidata è fatta dal personale già addetto e già presente. C’è da dire però che per chi non capisce perfettamente la lingua, diventa difficoltoso seguire i discorsi e apprezzare le informazioni, e magari permettere ad una guida come la nostra di aiutarci non sembra quel delitto così imperdonabile come lo fanno sembrare.
Devo dire, però, che il signore che ci accoglie all’entrata è di tutt’altro avviso: mentre Martina mette le mani avanti spiegando appunto di non poterci fare da guida all’interno, e quindi pensava di aspettarci fuori [lei il castello lo ha già ben che visto], il signore richiama la sua attenzione invitandola ad entrare con noi senza problemi. Beh questo lo abbiamo capito dall’espressione di Martina, abbastanza sorpresa, dopo aver scambiato qualche parola con colui che abbiamo ribattezzato il “mitico Sir”.

Bene, inizia il giro!

Indubbiamente l’atmosfera e la bellezza delle scalinate, piuttosto che delle sale, dei soffitti, di tutto il legno e la pietra, lasciano a bocca aperta. Noi tre poi, appassionati e amanti del medioevo e dei suoi stili architettonici, non possiamo che emozionarci in luoghi come questo.

Dall’interno, usciamo e passeggiamo lungo le mura osservando la struttura e le file di cannoni puntati verso l’orizzonte. Quell’orizzonte blu, intenso e immenso… potrei stare ore qui, seduta su una panchina ad ammirare questa meraviglia!

Il tempo vola via davvero troppo in fretta, e questo è il “contro” dei tour organizzati: tanti km e poche ore. Però vanno considerati anche i “pro”, che a mio avviso sono di più e quindi rendono l’esperienza positiva:
1- non si ha l’ansia [questo vale per noi] del dover guidare dall’altro lato;
2- non dovendo guidare si può gustare appieno il panorama e tutto ciò che scorre fuori dal finestrino
3- la lingua: avere la guida in italiano, per chi come noi non ha purtroppo troppa padronanza dell’inglese, è un notevole aiuto per apprezzare meglio tutte le informazioni e le curiosità che vengono raccontate.

Ci riempiamo i polmoni di quest’aria fantastica e gli occhi di questa meraviglia che abbiamo di fronte, e risaliamo felici e sorridenti sul nostro pulmino.

Il rientro a “casa” procede per strade secondarie verso l’ultima sosta, immergendoci nelle campagne e nei prati verdi. Tantissime mucche e pecore riempiono i prati, giganti macchie viola di erica colorano i dolci pendii, cottages solitari che spuntano qui e là regalano visioni di una vita tranquilla e semplice legata al ritmo delle stagioni. Io ci metterei la firma adesso!

Martina Martina… quante cose belle ci hai fatto vedere oggi, e manca ancora l’ultima!
Eccoci arrivati a… ma questo è davvero un paese?
Abbiamo svoltato in una strada ai cui lati si susseguono i pochi piccoli edifici che costituiscono questo minuscolo paesino: Etal.

Sarà anche piccolo, ma ha tutto il necessario! I residenti [una cinquantina di persone, forse meno] hanno a loro disposizione l’ufficio postale, una tea room e un pub!
E poi è proprio una chicca: i cottages bianchi e i prati verdi e curati, sembrano dipinti e usciti da una favola.
La chiesa e le rovine del castello, poi, aggiungono ancora più fascino!

Martina raggiunge il piccolo parcheggio dietro il castello e scendiamo per sgranchire le gambe.
Qui facciamo la conoscenza di quello che diventerà l’incontro più bello della giornata: un micione nero richiama la nostra attenzione con una serie di sonori miagolii. Ci avviciniamo e lui si butta pancia all’aria pronto a prendere un sacco di coccole e grattini!!

Oh caro amico, che bel regalo ci hai fatto!

Dopo le coccole sparisce oltre la siepe e noi ci dirigiamo verso la megalopoli 🤣

Ammiriamo le rovine e la bellezza di questo agglomerato di casupole, e… ovviamente puntiamo il pub: The Black Bull, sei nostro!!
Ci sediamo ad uno dei tavoli di legno all’aperto e chiediamo una buona birra.
Quale migliore conclusione per una giornata splendida e perfetta?!

È tempo di risalire in auto e tornare a Edimburgo, godendoci ancora strade e panorami di campagna.

Salutiamo tutti, ringraziamo per l’ennesima volta Martina e torniamo verso l’hotel. Piccola tappa da Tesco per un tramezzino [ormai li abbiamo assaggiati tutti!] e su di corsa per la consueta turnazione riposo-cena-doccia.

9 agosto 2020
Nuovo giorno, nuova avventura!
Oggi restiamo a Edimburgo per scoprire una parte della città sotterranea e della sua storia: alle 10.45 abbiamo appuntamento al Mary King’s Close.

Dopo colazione, ci dirigiamo con calma verso il centro, prendendoci il tempo di gironzolare per quelle viuzze non ancora esplorate e fermandoci a guardare alcune vetrine a cui siamo sempre passati a fianco velocemente.
Come quella della Maison de Moggy, il cat café… sì esatto, una caffetteria dove ti fanno compagnia un sacco di gatti meravigliosi!!! 🐱🐈‍⬛
L’entrata va solo su prenotazione ma dobbiamo ahimè evitare comunque se non vogliamo seppellire qui Mirko, data la sua allergia… [anche se, caro Mirko, non sarebbe male il riposo eterno qui eh? Hey!! Ahi!! Scherzavo!!]

Eccoci davanti all’ingresso del Mary King’s Close.
La visita è guidata da una ragazza che indossa abiti dell’epoca e che sta per portarci indietro nel tempo, nella Edimburgo del XVII secolo. Ovviamente il tutto è in inglese, e decidiamo di prendere le audioguide.

Questo close e il suo labirinto di strade sotterranee, abitazioni e stretti passaggi, dona un’esperienza davvero unica ed emozionante. Se non abbiamo capito male, dovrebbe essere l’unica parte conservata della Edimburgo del XVII secolo, e passeggiare in questo labirinto di vicoli è indescrivibile.
La guida racconta le storie delle persone che vissero, lavorarono e morirono qui, tra povertà e malattie, mentre ci fermiamo in una stanza che fungeva da abitazione.
La scenografia ci aiuta a comprendere in quale spazio e in quali condizioni una famiglia riusciva a vivere a quel tempo: un piccolo letto, un tavolino, poche sedie e un secchio, sono ciò che si rendeva necessario. Il secchio, naturalmente, non era altro che il wc dell’epoca, il quale veniva svuotato fuori dalla finestra al grido di “gardyloo”.
Questa parola la riconosciamo e ce la ricordiamo bene. Durante il primo viaggio qui, 5 anni fa, abbiamo partecipato al “tour dei fantasmi” e la guida di allora, raccontandoci proprio di quel periodo e delle condizioni di vita della popolazione più povera, ci fece conoscere questo termine: Gardyloo, dal francese “garde à l’eau” [attenzione all’acqua!].

Durante la visita non è possibile fare fotografie, quindi cerchiamo di imprimere nella memoria tutto quello che stiamo vedendo e le informazioni che la nostra guida [e l’audioguida di supporto] fornisce.
Medico della peste [il manichino è davvero inquietante!] e malati, giacigli oggi impensabili, stanze piccole e basse quasi claustrofobiche… attraversiamo tutto questo prima di entrare [o uscire? 😅] nell’iconico vicoletto dall’alto soffitto da cui penzolano i panni stesi. Qui la nostra guida ci fa piazzare nel punto X per la foto di rito.
Il giro è finito, grazie amica del ‘600!

Ci ritroviamo nel negozietto di souvenirs e ritiriamo la nostra foto del Mary King’s Close sottoforma di calamita [così la mettiamo assieme a quella di Nessie!] 😁

Decidiamo di pranzare qui sul Royal Mile e ci fermiamo davanti al pub Deacon Brodie [per l’esattezza Deacon Brodie’s Tavern, in Lawnmarket] per leggere il menu e chiedere se hanno posto per tre… Ci mettiamo in fila per entrare [nel frattempo è arrivata altra gente] e, dopo qualche minuto, una ragazza molto gentile ci fa accomodare accompagnandoci al piano superiore e ci lascia i menu.

I nostri occhi passano dalla lettura dei piatti alla sala del pub e ai suoi particolari: proprio alle spalle di Mirko, sulla parete, ci sono ritratti e stampe relativi al romanzo “Dottor Jekyll e Mr. Hyde” scritto da Robert Louis Stevenson. Lo scrittore pare aver preso l’ispirazione per il suo singolare personaggio proprio dal diacono William Brodie [a cui è intitolato questo locale] e il forte contrasto tra la sua facciata rispettabile e il suo lato oscuro di scommettitore indebitato e donnaiolo.

Non sono solo le pareti a distrarci dal menu: siamo seduti nell’angolo tra parete e finestra e la vista sul Royal Mile è davvero una chicca!

Ok, la nostra amica ritorna per prendere l’ordinazione e “two fish&chips and one haggis, please ☺️” accompagnati da due Innis&Gunn, una coca-cola e una bottiglia di acqua naturale.

Mentre aspettiamo le pietanze, il bere ce lo porta direttamente il barista [sì c’è un bancone bar anche al piano superiore!] che ci saluta in italiano con un grande sorriso: lavora e vive qui da un paio di anni, è contento ma lo è altrettanto quando capitano turisti italiani e può fare due chiacchiere nella sua lingua madre. E figurati, amico, se noi non assecondiamo la chiacchiera volentieri!
Ci saluta raccomandandosi di fargli un cenno per qualsiasi cosa [che gentile!] mentre la cameriera arriva con i piatti… che fame!

Sono seduta di fronte a Mirko, quindi spalle alle sala e al bancone del bar dove è appena tornato al lavoro il nostro nuovo amico, e con la coda dell’occhio vedo passare la cameriera. Qualche secondo dopo vedo Mirko finire la birra, cercare con lo sguardo la cameriera, che sta passando dietro di me, e farle un cenno. Io penso “caspita ordina una birra in inglese!”, e nella stessa frazione di secondo sento lui che dice, in italiano, “me ne porti un’altra per favore?”. Mi volto e invece della ragazza vedo il barista che alza il pollice e va a banco. Mirko sei il solito… 😳
Dopo aver mangiato, non possiamo finire il pasto senza un buon whisky e, approfittando spudoratamente del nostro amico italiano, ci facciamo consigliare un paio di whisky da assaggiare: il primo consiglio è il Dalwhinnie [dai! abbiamo visto la distilleria durante il tour! 🤩], un whisky leggermente torbato e addolcito con note di miele; il secondo consiglio è il Craigellachie, dalla torbatura più intensa e un po’ più secco, rispetto all’altro. Molto buoni entrambi!

Felici e contenti usciamo dal pub e ci incamminiamo con calma verso la nostra meta: abbiamo deciso di dedicare il pomeriggio a Stockbridge, il quartiere dove abbiamo alloggiato la prima volta che siamo venuti ad Edimburgo.
Passeggiando, decidiamo di passare proprio da St Bernard Crescent e rivivere l’emozione di qualche anno prima.
Proseguiamo poi la passeggiata verso uno dei punti più iconici e fotografati della città:
Circus Lane.
È una viuzza acciottolata, stretta e dolcemente curva, che sembra un piccolo mondo a parte. La stradina è delimitata da due file di abitazioni basse e tutte attaccate tra loro. Quasi ogni casa ha siepi, vasi pieni di fiori colorati e piante rampicanti che salgono dal suolo alle finestre del primo piano.
Davvero un piccolo mondo incantato.

Proseguiamo il nostro giretto tra la vie di Stockbridge per un’oretta e poi prendiamo la via del ritorno verso l’albergo, con la consueta tappa da Tesco per l’altrettanto consueto tramezzino da mangiare a turno in camera… quasi quasi ormai ci piace questa dinamica! 😁

Mentre saliamo in camera un unico pensiero invade la nostra mente: questa è l’ultima sera che passiamo qui. Domani purtroppo si riparte, è vero, ma nel pomeriggio e quindi abbiamo ancora tutta la mattinata di domani per un ultimo giro: South Queensferry.
Prepariamo quindi i nostri borsoni facendo attenzione a non dimenticare nulla, ci facciamo una bella doccia ristoratrice e ci mettiamo a letto con felicità e tristezza al contempo.

10 agosto 2020
Sveglia, colazione, saluto allo staff gentilissimo e simpaticissimo, consegna della chiave elettronica della stanza e check out.
Con tutti i nostri zaini in spalla ci dirigiamo verso la fermata dell’autobus in Princes Street: ci facciamo, quindi, di nuovo e per l’ultima volta la nostra passeggiata per le vie del centro storico.
Siamo alla fermata e, in pochi minuti, arriva il nostro autobus: saliamo, salutiamo il conducente, facciamo per pagare il biglietto con la carta [come già fatto in precedenza] e la carta non viene riconosciuta o quantomeno il pagamento non viene effettuato. Questo autista sembra meno predisposto a dare una mano a noi turisti e, un po’ scocciato, ci fa fare un secondo tentativo. Siccome non abbiamo abbastanza contanti, facciamo un passo indietro e scendiamo.
Dall’altro lato della strada fortunatamente c’è uno sportello bancomat… e via di corsa a prelevare!
Risolto il problema contanti, torniamo alla fermata per aspettare l’autobus successivo.
Questa volta, come conducente, c’è una signora che è l’esatto opposto del precedente: non solo è disponibile e molto gentile, con un sorriso aperto e sincero, ma ci chiede dove vogliamo andare e ci invita a restare vicino alla sua cabina perché così ci fa sapere a quale fermata scendere per avere un punto panoramico migliore per vedere il ponte rosso.
Scendiamo dove ci consiglia, e in effetti da qui c’è proprio una bella prospettiva!

Ci incamminiamo e raggiungiamo il paesino di South Queensferry: è veramente una meraviglia, un tripudio di colori!

Dopo la prima passeggiatina per la via principale, iniziamo a guardarci intorno per mangiare qualcosa.

Ormai si è fatta ora di pranzo e troviamo questo posticino [Orocco Pier] che ci ispira molto: il menu esposto sembra interessante e poi il locale è proprio sulla riva del fiordo.
Appena entrati vediamo in fondo alla sala una grandissima vetrata panoramica. Lo dico perché, quando chiediamo se hanno posto per tre persone, il cameriere ci chiede se vogliamo stare dentro o stare in terrazza. Mentre la nomina si gira e guarda la vetrata, e quindi noi pensiamo che forse con “terrace” lui intenda quella parte di tavoli accanto alla vetrata, ottima per vedere fuori come se si fosse, appunto, in una terrazza. In realtà ci porta dall’altra parte del locale, poi giù dalla scala e… nella terrazza esterna!
Bellissima terrazza e bellissimo panorama: abbiamo proprio di fronte il Forte Bridge in tutto il suo rosso splendore… peccato solo che oggi non sia proprio una giornata di sole, anzi è un po’ nuvolo e soprattutto c’è un vento bello fresco che tira spaventosamente. Noi non ci facciamo scoraggiare [ma soprattutto non vogliamo fare una figuraccia! 🤣], ci infiliamo una felpa e restiamo stoicamente a mangiare qui in terrazza!

Diana si prende un tris di mini hamburger che sono proprio una gioia per gli occhi accompagnati da un simpatico cestino di patatine fritte, io prendo un piatto a base di pollo e verdure dai profumi e sapori un po’ orientali dati dal curry accompagnato da piade e salse, e Mirko un panino con verdure e carne accompagnato da insalata.
Finito di mangiare, ci prendiamo il tempo per un paio di foto. Una volta trovata la cassa paghiamo il conto, ringraziamo, salutiamo, e torniamo in strada per proseguire la perlustrazione del paese.

Ahimè il tempo tiranno ci obbliga alla ricerca della fermata dell’autobus: dobbiamo tornare a Edimburgo perché tra un paio d’ore ci aspetta l’air link 100 per riportarci in aeroporto.

Il ritorno in autobus ce lo godiamo dall’alto: saliamo al primo piano e ci mettiamo in primissima fila… non male la prospettiva da qui, non male davvero!
Scesi nuovamente in Princes Street, inganniamo il tempo facendo un giretto nelle strade qui attorno. Parallela della Princes, Rose Street ci sorprende con la sua zona pedonale ricca di locali e adornata di bandierine svolazzanti.

Ci sediamo ad un tavolino di un bar-gelateria e ci regaliamo l’ultima “coccola” in quel di Edimburgo… posso piangere?!

È tempo, purtroppo è davvero arrivato il momento di salutare questa splendida città.
Il tragitto fino all’aeroporto lo passiamo quasi tutto in silenzio. Diana appoggia la testa sulla mia spalla e ci teniamo la mano, mentre guardiamo fuori dal finestrino. Mirko è seduto davanti a noi e ogni tanto si volta a guardarci e sorride… sotto sotto però penso che anche lui sia un po’ triste.

Bene, passati i controlli e fatto il check-in, è ora di tirarci su il morale: e giro per i negozi sia!!!
Poteva mancare un negozio dedicato a Harry Potter? Assolutamente no, e quindi un buon quarto d’ora lì dentro non ce lo toglie nessuno. Giriamo tra le varie scansie dei negozi di prodotti scozzesi e mi decido a prendere una bellissima e morbidissima sciarpa in lambswool, Diana invece impazzisce per una coppia di elastici [“scrunchies!”… sì Diana ho capito!] di cui uno nero simil velluto e l’altro in stile tartan sul rosso. Non potevano mancare il fudge, oltretutto confezionato in una carinissima scatola di latta azzurra che cita “Isle of Skye – sea salt – caramel fudge”, e una scatola di tè: ce ne sono mille mila della “Edinburgh – tea&coffee company ltd”, ma a Mirko cade l’occhio sulla confezione di “Whisky Tea”… e proviamola, certo!

Tra un negozietto e una smangiucchiata al bar, ormai si è fatta ora di salire sull’aereo… che tristezza, la stessa tristezza disarmante della prima volta che ho lasciato questa terra.
L’ho già detto, lo so, ma per me è davvero come lasciare “casa”.
Fuori dal finestrino la luce cala sempre di più e giù giù giù in basso brillano le luci di paesi e città…

Arrivederci mia amata Scozia

Scozia per sempre
[Alba gu bràth]

Il secondo viaggio in Scozia – 1° parte

Questo secondo viaggio [e per ora l’ultimo, purtroppo] nasce, a differenza del primo, dalla mia esigenza di tornare su sacro suolo scozzese.

Devo fare una piccola premessa:
A ottobre del 2019 la professoressa di inglese di Diana ha organizzato un’incontro informativo per i genitori, illustrando il suo consueto viaggio “vacanza-studio” per i ragazzi: per due settimane, l’estate successiva, la loro meta sarebbe stata Edimburgo!

Le info [e la meta] erano molto interessanti e così, io e Mirko, abbiamo deciso di iscrivere Diana: un viaggio-studio a 11 anni è un’opportunità fantastica, e che occasione migliore per tornare nella città che l’ha colpita così tanto!

Sull’onda dell’entusiasmo [e soprattutto considerando che le date del viaggio di Diana sarebbero quasi coincise con le nostre ferie] sono riuscita a convincere Mirko a partire anche noi, andando a beccare 7 giorni all’interno dei 14 di Diana.
Ci ho messo un po’ a convincerlo, ma dopo settimane di “mi, mo, ma, boh, non so” gli ho detto: “senti, io vado. È un’occasione da prendere al volo: Diana è già là, e la prof ha detto che potremmo anche vederci una mezza giornata. Sono passati 5 anni dal primo incontro con Edimburgo e lo sai bene che non ho smesso di pensarci un giorno! Se tu non vuoi vado anche da sola, ma io faccio click e prenoto il volo!”
Casualmente mi ha detto di prenotare due posti… ho vinto! 😎

Purtroppo sappiamo bene cosa è esploso giusto qualche mese dopo, e la conseguenza è stata la cancellazione del viaggio-studio.

Abbiamo aspettato fino all’ultimo momento per cancellare la nostra prenotazione [tanto non sarebbe cambiato nulla a livello di perdita economica] per seguire l’andamento della pandemia e i cambi di rotta dei vai governi sulla quarantena e compagnia varia.
Non sto a dire la depressione che è piombata su di me… ho pianto, dalla tristezza e dalla rabbia ho pianto.

Poi la notizia: pare che da metà luglio venga tolta la quarantena per chi arriva nel Regno Unito dall’Italia. E la speranza divampa [per citare il mitico Gandalf!].
Attendiamo febbrilmente la conferma ufficiale, che arriva! In due e due quattro, ci diciamo “Ok, andiamo lo stesso. Staremo attentissimi, ci saranno restrizioni e alcune cose non potremo farle, ma andiamo lo stesso” e aggiungiamo, alla velocità della luce, il posto in aereo di Diana alla nostra prenotazione RyanAir.
Non abbiamo la stessa fortuna con l’alloggio [che resterà chiuso e ci invia un voucher di pari importo da utilizzare l’anno seguente], sicché ci buttiamo nella ricerca di una camera famigliare in hotel.
Troviamo posto al Hampton by Hilton, in Fountainbridge a 10-15 minuti a piedi dal centro… perfetto, click!

Ahhhh non ci credo, si fa!! Ancora un paio di settimane e si parte!

3 agosto 2020
È il gran giorno, non sto nella pelle!
Abbiamo il volo nel tardo pomeriggio, alle 18.45, quindi stamattina abbiamo tutto il tempo di preparare i nostri zaini.
Nonostante questa volta stiamo via più giorni, abbiamo pensato di evitare le valigie ed utilizzare gli zaini da montagna molto più pratici, soprattutto in vista dell’ultimo giorno: dovremo lasciare l’hotel alle 10 e il volo ci sarà di sera… perché girare per la città trascinandoci dietro un trolley? Meglio uno zaino in spalla e via!
Anche questa volta, il mio buon papà ci accompagna in aeroporto. Un abbraccio e l’ennesima raccomandazione [sì papà tranquillo!!] al kiss&ride ed entriamo, pronti per il check-in [questa volta leggermente più “complesso” a causa dell’aggiunta di un minore alla nostra prenotazione].

Atterriamo verso le 20.30… finalmente siamo tornati!

Vediamo che i baretti e i ristoranti dell’aeroporto sono chiusi, e andiamo direttamente fuori alla ricerca di un taxi. Il gentilissimo tassista prende nota dell’indirizzo mentre noi saliamo e carichiamo gli zaini. Diana e Mirko prendono posto nei sedili “alla dritta”, mentre a me tocca il sedile singolo “al rovescio”, spalla a spalla col tassista… viaggio al contrario, ma guardo avidamente dal finestrino contenta di riconoscere la strada.

Il taxi ci lascia davanti alle porte automatiche girevoli dell’hotel. Ringraziamo, lasciamo la mancia a caso [scusa amico, ma non siamo pratici!] ed entriamo nella hall.

Abbiamo prenotato tramite Booking.com e nella descrizione della struttura c’era scritto che il personale avrebbe parlato anche la nostra lingua… e in effetti, alla reception, c’è una ragazza dai folti capelli ricci che ci accoglie con un “ben arrivati”! Ammetto di aver creduto poco a Booking, quindi un po’ sorpresa ringrazio e ricambio il saluto. Le dico già che saremo il suo incubo, approfittando spudoratamente del fatto che parla italiano! Lei gentilissima si presta volentieri. Inutile dire quanto sia stata preziosa per noi!

Sbrighiamo la solita ma veloce burocrazia, prendiamo le chiavi elettroniche e saliamo in camera per lasciare gli zaini. Ci rinfreschiamo velocemente e scendiamo di nuovo in reception… non nasconderti amica, abbiamo già il primo quiz! 😅

“Siccome sono già le nove e tre quarti…” [ogni riferimento è puramente casuale… ⚡️] “… puoi indicarci un posticino dove mangiare qualcosa, per favore?”
E così ci dà due dritte su quale strada prendere per trovare locali aperti.

Siamo affamatissimi e, anche se non è cucina locale, ci infiliamo dentro al primo ristorante che troviamo sulla nostra via, il Toro Latino Cafe & Grill.
Signori, la picanha più buona che abbiamo mai mangiato!

Coi panzotti pieni, torniamo in hotel per una doccia come si deve e tanta nanna.

4 agosto 2020
Sveglia alle 7, ci prepariamo per scendere a far colazione: col problema “covid” l’hotel ha organizzato la colazione a scaglioni orari [alle 7, alle 8 e alle 9], rilasciando dei biglietti di colore diverso in base all’orario scelto, da consegnare giornalmente al personale della sala colazioni.

Ci mettiamo in fila, ma siamo davvero in pochi, per la consegna del bigliettino e lì ci accoglie una signora simpaticissima e chiacchierona. Ci chiede come stiamo, come abbiamo passato la notte, di dove siamo [“ohhh Italy, wonderful!”], se sappiamo come funziona il servizio colazione riadattato alla situazione. Al nostro “no”, ci spiega tutto: il percorso a senso unico parte dalla macchina per le bevande calde e dal dispenser di succo d’arancia, poi si passa alla frutta fresca, alle brioches e yogurt confezionati, burro e marmellata in monodose, porridge in scatola [fiocchi d’avena a cui aggiungere acqua calda], per poi passare al banco dove vengono serviti panini con salsiccia o bacon e uova sode.
Il tono della sua voce si intristisce appena, mentre si scusa per il servizio così minimale e ci racconta come sarebbe ben più ricco il buffet normalmente.

La ringraziamo per tutte le info [ma soprattutto per aver parlato lentamente e chiaramente! 😅] e ci lanciamo all’avventura: Diana assalta il succo d’arancia e, senza indugio, a prendersi un panino con la salsiccia [menomale che dice sempre di non poter vivere senza biscotti!]; io e Mirko valutiamo due secondi, abituati come siamo alla colazione dolce, ma… eh che cavolo, proviamo ‘sto panino col bacon! Due caffè, panini e andiamo al tavolino. Buonissimo!

Come primo giorno abbiamo pensato di passeggiare per la Old Town e rivivere i ricordi del primo viaggio.
Dall’hotel ci dirigiamo verso il centro e arriviamo a Grassmarket, risaliamo la bellissima Victoria Street e ci rifermiamo a sbavar… ehm… ammirare le vetrine dei negozi a tema Harry Potter e ci ritroviamo sul Royal Mile. Risaliamo il miglio reale verso il castello [questo tratto si chiama Lawnmarket. Il miglio è suddiviso in 4 tratti: partendo dalla spianata del castello di Edimburgo troviamo il primo tratto chiamato Castle Hill, poi Lawnmarket, High Street e infine Canongate, al termine del quale troviamo poi Holyrood Palace.] per godere della vista dalle mura della Esplanade, poi iniziamo la nostra prima missione: entrare in ogni close! Bello o brutto, corto o lungo, chiuso o aperto, scale o meno, vogliamo vederli tutti!

Dopo la lunga “vasca” sul miglio reale e i suoi vicoli, torniamo indietro per infilarci in Cockburn Street, altra bellissima via ricca di negozi, ristoranti e bar. Ma prima uno scatto del Royal Mile con la casa di quel simpaticone di John Knox [teologo scozzese, introdusse la Riforma Protestante in Scozia e fu grande antagonista della regina Maria Stuarda].

Giriamo e rigiriamo infilandoci ovunque, e questo camminare stimola l’appetito… controlliamo l’ora e, ridendo e scherzando, s’è fatta ora di pranzo. “Dove andiamo?” e ci ricordiamo di quegli hamburger fantastici mangiati 5 anni prima.
E ritorniamo pur sul Royal Mile da Burgers and Beers Grillhouse! 😋

Ristorati da un bel paninozzo con immancabile birrino, decidiamo con calma dove andare adesso… “una delle classiche vedute del castello? possiamo andare al Vennel” propongo.
“Ok” dice Mirko “e dov’è?”
“Dobbiamo tornare a Grassmarket”.

Paghiamo, usciamo e ci dirigiamo alla bella piazzetta scendendo da Victoria Street… sempre bella, non stanca mai!
Attraversiamo Grassmarket e, dall’altra parte della strada, vediamo la nostra meta: una scalinata molto bella, con corrimano centrale e lampioncini neri… The Vennel!
Arrivati quasi in cima, ci voltiamo per ammirare il castello. Non ci siamo solo noi e il “punto tattico” per la classica inquadratura è occupato… ci accontentiamo di una foto un po’ meno bella, ma l’importante è fissare tutto nella memoria.

Proseguiamo la salita e ci fermiamo subito dopo, in Heriot Place, dove tento un altro scatto al castello.

Giriamo a sinistra in Lauriston Place e finiamo davanti ai cancelli della George Heriot’s School… bellissima e imponente. Sbirciamo un pochino, fantasticando di scope volanti e pozioni nei sotterranei 🤩

Poi prendiamo Forrest Road per tornare verso il centro, che attraversiamo per arrivare ai giardini di Princes Street.
Sempre meravigliosi, solitamente più affollati, sono quasi vuoti: qualche gruppetto di ragazzi è sdraiato sul prato, turisti come noi passeggiano e fanno foto. Ma è tutto molto tranquillo, ed è ancora più bello!

Eccoci ora davanti alla Ross Fountain: devono averla restaurata in questi ultimi anni perché la prima volta che siamo venuti, nel 2015, era tutta dello stesso colore (simil ottone), mentre ora è un tripudio di turchese, marrone e oro.
Sarò strana, ma a me piaceva di più prima!

“Sono un po’ stanchina…” Hai ragione Diana, anch’io inizio a sentire le zampe stanche… camminiamo da tante ore e, nonostante starei in giro in continuazione, il pomeriggio sta passando: prendiamo la via di ritorno all’hotel, così ci fermiamo da Tesco [mitico!] che è sempre sulla Fountainbridge, e andiamo in camera a farci tutti una bella doccia ristoratrice.

Ma prima di uscire dai giardini, verso Lothian Road, ci sorprende la Parish Church of St Cuthbert, con il suo bellissimo cimitero… che chicca! Mi prendo [seppur velocemente] il tempo di un paio di scatti. Ora possiamo andare! 😊

Tappa al supermercato Tesco per tre tramezzini e tre bottigliette di acqua e la cena è assicurata!

La stanza dell’hotel è davvero bella ma [con un letto matrimoniale, uno singolo, scrivania con sedia e mobiletto] un po’ strettina, ci organizziamo in una simpatica turnazione: uno va in doccia, uno mangia alla scrivania e l’altro riposa i piedi sul letto… eeeee cambio!! 😁

Buonanotte amori miei e sogni… scozzesi!!!

5 agosto 2020
Solita sveglia alle 7, lavati e vestiti scendiamo a fare colazione. Ci è proprio piaciuto il panino di ieri, così oggi bissiamo!

La meta di oggi è il famosissimo e pluri-fotografato Dean Village, con l’intenzione di infilare il percorso che porta fino al porto [che gioco di parole! 😁], la Water of Leith Walkway.
Dico “intenzione” perché purtroppo ci aspetterà qualche transenna, a chiudere dei tratti del percorso perché inagibili a causa delle piogge.

Ma andiamo con ordine…

Armati di k-way a portata di mano, di macchina fotografica e soprattutto di tanta curiosità, iniziamo a scarpinare verso il nostro obiettivo. Questa volta non ci dirigiamo verso il centro, ma tagliamo attraverso il quartiere Haymarket e in una ventina di minuti imbocchiamo Belford Road.
Da qui intravediamo delle basse e rosse costruzioni e acceleriamo il passo e prendiamo Belford Mews: un stradina acciottolata che gira attorno a questo filare di abitazioni particolari e davvero carine! Giriamo un po’, ma la strada si rivela chiusa [pensavamo si collegasse al resto della zona]: un paio di foto e torniamo sulla Belford Road. Proseguiamo per poche decine di metri e vediamo che la strada si sdoppia. Noi teniamo la strada di sinistra, quella in discesa, che subito dopo prende il nome di Hawthornbank Lane… e qui sì che inizia la magia!

Sembra veramente di entrare in un altro, piccolo, mondo… lontano dal via-vai del centro, dal vociare della gente che cammina per strada, dal traffico. Come fossimo entrati in un teatro, alle nostre spalle resta chiusa fuori la città e noi ci ritroviamo in questo spettacolo di villaggio.

Percorriamo ogni stradina e anfratto possibile, ammirando i diversi stili architettonici delle abitazioni. Arriviamo poi vicino al fiume, dove il ponticino in ferro [dal quale si può ammirare il classico panorama immortalato dai più] che collega le due sponde del fiume è purtroppo chiuso.
Ma qui si scatta ugualmente, non ci facciamo mica intimidire da così poco!!

Ciò che colpisce maggiormente è di certo la grande costruzione di arenaria rossa sull’altra sponda, Well Court, che si affaccia prepotentemente sul fiume con le sue finestre a golfo che, personalmente, mi fanno impazzire!

Bene, è tempo di trovare un altro punto per attraversare il fiume! Eh sì perché in Well Court c’è altro da vedere oltre all’esterno!

Ed eccolo là, un magnifico ponte di pietra sul Dean Path.

Attraversato il ponte, ci dirigiamo all’ingresso della corte già sapendo cosa ci aspetta… ma dal vivo è sempre un’altra cosa! Che meraviglia! Osservando il cortile interno, con lo stenditoio al centro, ho la sensazione di captare con la coda dell’occhio figure di donne intente a stendere i panni lavati… un flash dal passato!

Girovaghiamo ancora un po’ nella tranquillità di questo posto, poi andiamo alla ricerca delle indicazioni del percorso alternativo per la Water of Leith Walkway… sì perché, come anticipato, abbiamo notato transenne e cartelli provvisori di deviazione del percorso.

Qualche minuto di camminata ed eccoci ad imboccare la nostra via, Miller Row, che ci porta sotto al Dean Bridge… wow!

Proseguiamo sempre più circondati dalla natura, e ci imbattiamo in un monumento particolarmente interessante: la targa recita “St Bernard’s Well” [Pozzo di San Bernardo]:
La statua di quella che sembra essere una divinità greca è circondata da otto imponenti pilastri e poggia su uno dei segreti meglio custoditi di Edimburgo: una sorgente che si dice sia in grado di curare tutti i tipi di disturbi.
Cavolo, con tutti i miei acciacchi mi ci dovrei proprio tuffare dentro!

Poco più avanti, una magnifica scalinata ci riporta al livello stradale sul St Bernard’s Bridge alle porte del quartiere Stockbridge [eh sì, proprio dove abbiamo alloggiato la prima volta che siamo venuti a Edimburgo]. Sempre seguendo le indicazioni, continuiamo a percorrere la walkway per arrivare fino al porto, tra tratti su strada e tratti immersi nella natura, fino ad arrivare al St Marks Park dove abbiamo avuto un’incontro ravvicinato con un animale ferocissimo… uno scoiattolo! 😂

[Breve parentesi per sottolineare la mia passione sfrenata per gli scoiattoli: li adoro!!!]

Durante il percorso ci imbattiamo in qualche altra deviazione, ma la peggiore di tutte è stata alla fine di un luuungo rettilineo dove ad aspettarci c’era un simpatico cartello che ci rimandava indietro…
E va beh, andiamo pure!

Finalmente [e ormai è ora di pranzo!] siamo arrivati a Leith, e devo dire che è davvero un bel vedere: il fiume, costeggiato da palazzi e abitazioni, scorre dolcemente verso il mare [che sappiamo essere là in fondo, dritto davanti a noi, ma che ora è ancora nascosto dalle costruzioni]. La riva di destra, The Shore, è costellata di ristorantini invitanti [che servono naturalmente specialità di ottimo pesce] e pub tradizionali.

Noi non siamo affamati, di più! Passeggiamo guardando velocemente i menu esposti fuori dai locali e, contemporaneamente, cercando info e recensioni su Google per andare “a colpo sicuro”.
Occhi e naso ci fanno fermare davanti alla porta di The Ship On The Shore… e abbiamo fatto bene! Diana è attratta da uno starter [antipasto, nei nostri menu] in particolare: si chiama Cullen Skink, ed è una zuppetta di pesce affumicato con porri e patate. Io e Mirko scegliamo di dividerci un antipasto a base di pollo e bacon affumicato… scopriremo poi essere un paté, e del pollo c’era solo il fegato! Studiate l’inglese, studiatelo!! 🤣

Poco male, non siamo amanti delle frattaglie ma hey! abbiamo deciso che questa volta avremmo trovato il coraggio di assaggiare il piatto nazionale, l’haggis, e quindi iniziare per gradi con questo paté va bene dai!

A seguire, fish&chips e filetto di salmone alla piastra con patate. OT-TI-MO!! 😋

Dopo aver mangiato con calma, anche per riposare un po’ i zampetti, salutiamo la carinissima cameriera e torniamo all’aria aperta per proseguire e arrivare all’area portuale: vogliamo vedere, seppur solo da fuori, il Royal Yacht Britannia, il famoso panfilo della famiglia reale.
Dopo quattro decenni di fedele servizio, di viaggi politici e di piacere, di trasporto non solo della Royal Family ma anche di importanti figure straniere, nel 1997 [se non erro!] è andato in pensione e successivamente ormeggiato permanentemente proprio qui all’Ocean Terminal di Leith.

Peccato che, a causa di lavori in corso, ci siano altissime e lunghissime strutture che bloccano la visuale… oh, in questa vacanza siamo sempre più fortunati eh?! 😒

Pazienza, vedremo nei prossimi giorni se tornare ed entrare a vederlo.

Torniamo indietro, verso il centro di Leith, alla ricerca di un bus che ci riporti su Princes Street.
Devo dire una cosa sul pagamento del biglietto del bus: premesso che non ne abbiamo presi tantissimi, la metà delle volte abbiamo pagato comodamente con la carta di credito [il conducente si occupa dell’incasso tramite carta o contanti, rilasciando poi il ticket cartaceo] mentre altre volte non veniva accettata ed erano quindi necessarie le monete… insomma, qualcosina nel portafoglio ci vuol sempre!

Eccoci sul bus, poche fermate e ci ritroviamo a ri-ammirare i giardini di Princes Street. Ma il tempo volge al peggio, così decidiamo di tornare in hotel… e inizia a piovere! Prima pianino, quella pioggerella leggera e finissima che però si infila ovunque e ti fa tirare fuori il k-way, poi [e fortunatamente siamo già a metà strada] parte il diluvio universale!
Soccia quant’acqua!!! 🌧

Arriviamo sulla soglia dell’hotel fradici fino alle “non-si-dice” e tentiamo inutilmente di scrollarci di dosso la maggior parte dell’acqua per non allagare la hall. Dopo qualche minuto desistiamo e, con passi lunghi e ben distesi, ci infiliamo in ascensore.
Appena in camera, via tutto e doccia calda!!!

Passato l’acquazzone, io e Mirko andiamo in “missione cena” al Tesco per altri simpatici tramezzini, acqua e un paio di birre [che ci meritiamo!].

6 agosto 2020
Oggi per colazione lascio i panini agli altri due e provo il porridge. Nella mia ignoranza in materia prendo l’avena confezionata, ci metto dentro l’acqua calda, richiudo la confezione per i minuti indicati e poi assaggio… sì certo, potevo arrivarci anche prima che così da sola non fosse granché eh! Al di là del sapore, che non mi dispiace, è la consistenza collosa a non convincermi molto… va beh, quando poi torno a casa ritento cercando qualche ricettina e qualche “trucco” per gustare al meglio quella che ho sempre sentito dire essere un’ottima colazione!

La giornata è splendida! Il cielo è di un intenso blu e non c’è una nuvola a pagarla.
“Gente, oggi si va in alto: Arthur’s Seat!”

Stavolta prendiamo il bus [abbiamo la fermata comodissima a pochi metri dall’hotel!] e ci ritroviamo alla sinistra di Holyrood Palace.
Ne approfittiamo, girandoci attorno per dirigerci verso la collina, per sbirciare all’interno… la casa della “Betty” non è niente male eh!!

Ci fermiamo un secondo davanti ai cancelli di ingresso per dare un’occhiata agli orari di apertura: vorremmo proprio riuscire a visitare il palazzo ma soprattutto le rovine dell’abbazia che sono, come si suol dire, “tanta roba”!

Proseguiamo e imbocchiamo Queen’s Drive verso sinistra, per salire dal lato del St Margaret’s Loch e delle rovine della Saint Anthony’s Chapel.

Le rovine sono sempre affascinanti e ci fermiamo per qualche scatto anche perché, già da qui, inizia a vedersi un panorama interessante!

Seguiamo il sentiero sterrato, affiancato da erba verdissima, fiori colorati e tantissima erica meravigliosamente viola!

Ecco che adesso c’è lo strappettino finale: siamo abituati alle camminate in montagna [durante le nostre usuali vacanze] con salite e discese, tratti impegnativi dove la salita “tira”, e qui pensavo fosse una passeggiata. Beh certo non è come la Cengia Martini, in salita al Lagazuoi [che non ho mai fatto perché potrei morire lì], però devo ammettere che l’ultimo pezzo tira un po’, almeno per me, e per non sputare un polmone [passatemi il francesismo 😅] mi fermo un attimo e ne approfitto per farmi gli occhi mentre tento di tornare di un colore umano [la mia faccia è rosso fluo!].

Siamo poco sotto la sommità e già c’è una visuale a 360°… è tutto meraviglioso, non saprei trovare altro aggettivo: la città, i prati verdissimi… Ma ciò che mi lascia senza parole è il contrasto tra il verde brillante della natura e l’azzurro etereo del mare.
Quel Mare.
L’unico mare che mi sia mai interessato vedere… il Mare del Nord! 😍

Mirko e Diana mi guardano e se la sghignazzano… maledetti! Ok dai, ce la posso fare, ripartiamo!

L’ultimo strappo ed eccoci arrivati sulla cima. Ci sediamo sulla roccia, beviamo un [bel] po’ d’acqua fresca, scambiamo sorrisi e saluti alle altre persone che come noi hanno approfittato di questa giornata fantastica per godersi sole e panorama.

Ci accorgiamo che c’è anche un altro amico, poco distante da noi, che si guarda attorno sereno… il mitico gabbiano!
Naturalmente ci scappano altre foto, mentre Diana e Mirko tirano fuori un sacchettino di frutta secca per uno spuntino veloce.
Immortalo Mr Seagull e mi attrae tantissimo, là in lontananza, un’area di abitazioni fitte fitte e tutte identiche: sembra un pattern! Fantastico!

Restiamo qui per sempre? Non solo qui, sull’Arthur’s Seat, nel cuore dell’Holyrood Park, ma qui a Edimburgo… siamo qui da pochi giorni e, nonostante ne abbiamo davanti altri, sento già avanzare la tristezza di dover lasciare la Scozia.

Ok, ok, basta. Mi scrollo di dosso questo pensiero e, assieme alla mia famiglia, inizio la discesa. Prendiamo un altro sentierino, così per cambiare un po’, che scende sempre dallo stesso lato del parco da cui siamo saliti.
“Aspettate un attimo vah, che voglio fare un altro paio di foto”
E così 5 o 6 volte durante la discesa… Mirko mi sta un po’ odiando! 😂

Eccoci di nuovo giù, a rifare l’occhiolino al palazzo di Holyrood…
Riprendiamo il Royal Mile e passeggiamo con calma guardando i negozi appuntandoci mentalmente quelli interessanti per una visita successiva.

Ci fermiamo davanti alla Tolbooth Tavern, ma sembra chiusa. Ahhh che peccato! Speravo di pranzare proprio qui!! Merita una sosta comunque, perché è davvero un edificio stupendo. Mi fermo per uno scatto all’orologio…

Poco più avanti ci infiliamo in Sibbald Walk e sbuchiamo a fianco di Loudons, un bar-ristorante moderno e carino da cui sbuca prontamente un cameriere che ci fa accomodare in un tavolino all’aperto. Il menu ha qualche tendenza fusion e ci lasciamo tentare da un paio di piatti unici con mix di carne e verdure speziato e profumatissimo. Diana va sul sicuro con un paninozzo! 😁

Mangiamo con calma, chiacchierando spensierati mentre ci riposiamo le gambe, quando Mirko ci chiede se vogliamo tornare su a Calton Hill. “L’altra volta ci siamo stati di sera, era buio, sarebbe bello tornarci di giorno, no?”

Diana sgrana gli occhi come a dire “prego?? altra salita? no grazie” e io, da anziana dentro quale sono, mi schiero dalla sua parte. “Non so se ce la faccio, anche perché vorrei fare una vasca ai giardini di Princes Street dato che non li abbiamo girati per intero… soprattutto vorrei vedere dal vivo quella casetta bellissima che c’è! Vai tu, e prenditi la reflex. Noi nel frattempo andiamo con calma verso i giardini e poi ci rivediamo lì, sotto il monumento a Walter Scott, ok?”

Così ci dividiamo, dandoci appuntamento dopo circa un’oretta.

Io e Diana, mano nella mano, riprendiamo il Royal Mile e ci accorgiamo di avere, dopotutto, un buon passo. “Dianella, facciamo un piccola deviazione e andiamo a salutare Bobby? Con i tour organizzati dei prossimi giorni, sai mai che non si faccia in tempo…”
Deciso! Poco prima di St Giles, ci infiliamo a sinistra nel Old Fishmarket Close [dove salutiamo con la manina la vetrina di Scozia Tour] per poi prendere a destra su Cowgate e di nuovo a sinistra su George IV Bridge. Sempre dritto ed ecco che appare la statua di Greyfriars Bobby, il famoso e dolcissimo cagnolino. Non c’è nessuno al momento, così ci prendiamo il tempo di salutarlo e toccargli il nasino esprimendo il desiderio di tornare a trovarlo presto.

“Mamma! Mentre andiamo verso il parco, ritorniamo a vedere i negozi di Harry Potter?”
Vuoi dirle di no? Ma certo!

Giriamo attorno a Bobby e prendiamo Candlemaker Row per arrivare dritte dritte ai piedi di Victoria Street che risaliamo fermandoci a guardare le vetrine.

Eh sì… siamo proprio delle appassionate! Ci sono alcune riproduzioni che ci fanno letteralmente impazzire: le bacchette, la Nimbus 2000, le cravatte e i golfini con i colori e gli stemmi delle 4 case e… uh guarda! Il peluche di Edvige non è bellissimo? 🤩

Compreremmo tutto tutto tutto… ma sfortunatamente [o per meglio dire fortunatamente per il portafoglio!] il negozio è chiuso e ci accontentiamo della vetrina.

“Ok, adesso è proprio tempo di raggiungere il monumento a Scott, che mi sa sia già in arrivo papà”

Eccoci… il monumento a Walter Scott è davvero magnifico: alto una sessantina di metri, in stile gotico-vittoriano, con la parte centrale che si erge in una punta lunghissima. La pietra scura della costruzione contrasta con il marmo bianco della statua dello scrittore posizionata nella parte bassa del monumento, sotto la volta.

Puntuale come un orologio svizzero, ecco Mirko che ci raggiunge.
Scendiamo la scala e ci immergiamo nel verde dei giardini, passeggiando sul vialetto e immortalando la bellezza lussureggiante degli alberi sopra i quali spuntano le scure sommità dei palazzi della Old Town.

Ce la prendiamo davvero comoda, una bella passeggiata nel verde delle due parti dei giardini. Oltrepassata la National Gallery of Scotland, scendiamo nella parte ovest del parco a fianco del glorioso Floral Clock, una grande e superba composizione floreale, e… eccola la vedo!
Vedo il tetto! La bellissima casetta che ho visto in centinaia di foto: Gardener’s cottage o, come recita la targa sul cancellino, “Great aunt Lizzie’s” … Che poi io me la immagino questa prozia Lizzie: anzianotta e non tanto alta, col capello corto, grigio/bianco e leggermente mosso, con gli occhialini e magari una cuffietta, immancabilmente vestita in tartan e sorridente. Indaffarata nel suo giardino o a sfornare scones e shortbread a volontà…

Ok la smetto!

Ci fermiamo ad ammirare prima e fotografare poi, per proseguire nella nostra splendida passeggiata che ci riporta ai piedi della Ross Fountain.

Agguantiamo una panchina così, mentre approfittiamo dell’aria fresca, Mirko ci fa vedere le foto che ha fatto su a Calton Hill prima di riprendere la via di “casa”.

Mhmm un momento! E se facessimo un girettino a vedere i negozi di Princes Street? Uno dei k-way di ieri lo abbiamo cestinato [definirlo “usa e getta” è un eufemismo… andrebbe gettato prima di usarlo!] e quasi quasi mi farei un regalino utile!

Attraversiamo la strada e buttiamo un’occhio alle varie vetrine, finché ecco un negozietto interessante: Mountain Warehouse. E già partiamo bene, perché approfitto spudoratamente degli sconti per una giacca tecnica che andrà benissimo anche per le vacanze in montagna. Che spettacolo di negozio! Non solo trovo la giacca perfetta, è anche del mio colore preferito: ottanio, o verde petrolio che dir si voglia. 😍

Felice come una bambina, recupero la family e prendiamo [stavolta per davvero] la via dell’hotel. Non vedo l’ora di farmi una bella docciona!


… il viaggio continuerà nella seconda parte… stay tuned!

Il primo viaggio a Edimburgo

Nato da un’idea proposta quasi a caso, il mio primo viaggio in Scozia si è rivelato illuminante.

Siamo nel 2015, serata tra amici a casa di colui che butta lì l’idea: “ragazzi, ma se ci facessimo qualche giorno da qualche parte? Cosa ne dite di Edimburgo?”
[ Maledetto Jader! 😂 ]
Io e Mirko, il mio compagno, che da sempre siamo affascinati dal Nord Europa e che qualche anno prima saremmo dovuti andare in Irlanda, ci guardiamo e… “mhmmm interessante!” e tutti assieme iniziamo a fantasticare su quando, come e perché.
Poi la serata finisce e il discorso rimane in sospeso…

Passano un paio di settimane ed io, che non avevo affatto smesso di pensarci, mi ritrovo con qualche pagina di block-notes piena di info: alloggi papabili, ristoranti e pub allettanti, punti di interesse in giro per la città, prezzi del volo, ecc…
Mi son detta “beh, vuoi non dirlo agli altri?!” e passo parola: c’è chi dice “no”, chi dice “boh” e chi un sonoro “sì”.
Ebbene, si decide: 7 compagni, 4 giorni, 1 destinazione.

8 maggio 2015
Ritrovo a casa del suddetto “maledetto”, siamo tre coppie di amici: Ross e Jader, Melly e Teddy, io e Mirko con nostra figlia Diana.
Direzione aeroporto Marconi di Bologna, volo RyanAir per Edimburgo…. Si parte!

Atterriamo verso le 13… e i miei piedi toccano per la prima volta quello che da ora in avanti sarà per me “il sacro suolo”. È una grande emozione, anche per la mia piccolina (età nel 2015 6 anni) che ha appena viaggiato per la primissima volta in aereo. Siamo ancora dentro l’aeroporto e già abbiamo gli occhi pieni di meraviglia e curiosità!

Bene! Il tempo di uno spuntino in aeroporto e poi di corsa a prendere il bus (100) che ci porterà in centro e per l’esattezza in Princes Street, da cui raggiungeremo a piedi il nostro B&B, nel vicino e carinissimo quartiere Stockbridge: St. Bernard’s House.

Stockbridge è proprio un bel quartiere, ricco di architettura georgiana e vittoriana, costellata di splendenti aree verdi. Naturalmente anche la via in cui si trova il B&B, St. Bernard’s Crescent, ci accoglie con un verdissimo giardino [circondato da due schiere di abitazioni davvero incantevoli!] sul quale affaccia la porta del n.22, la “nostra” porta per i prossimi 3 giorni.

Il B&B all’interno è molto carino: il corridoio termina ai piedi di un’elegante scala che porta alle camere, al piano superiore; i proprietari, davvero gentili, ci accolgono all’ingresso, accanto alla reception/sala colazioni. La posizione a circa 15 minuti a piedi dal centro è una scusa in più per visitare, ancor meglio e con la calma di una passeggiata, Edimburgo: prendendo ogni volta una direzione differente, abbiamo trovato scorci ed edifici davvero belli ai nostri occhi.

Il quartiere è tranquillo e abbiamo dormito serenamente; la camera è accogliente nonostante il bagno sia davvero piccolino, ma nulla di irreparabile; la colazione ce la ricordiamo ancora con la sua scelta di dolce e salato; i proprietari sempre reperibili sono stati preziosissimi, sia per le informazioni e le dritte che ci hanno dato, sia per la premura di prenotare per noi il taxi per la ripartenza: avendo l’aereo alle 6, e dovendo essere in aeroporto un paio di ore prima, ci hanno fatto trovare il taxi pronto ai blocchi di partenza alle 4! Insomma, ci siamo trovati bene!

Ma torniamo alle “cose serie” 😁

Siamo arrivati al B&B, ci sistemiamo nelle nostre camere dandoci appuntamento di sotto nel giro di un’oretta per la prima passeggiata verso l’agognata Old Town!

Ci dirigiamo verso la nostra meta imboccando e percorrendo Dean Park Crescent, giriamo a sinistra in Queensferry Road dove ci fermiamo per una foto di rito… la cassetta postale rossa!! 😁
Proseguiamo e ci ritroviamo su di un bel ponte, il Dean Bridge che ci sorprende, al lato opposto, con una costruzione da sogno: Kirkbrae House.

Continuiamo ancora dritto, verso il centro, su Lynedoch Place finché qualcosa alla nostra destra ci distrae: in fondo alla via che ci ritroviamo a fianco, Melville Street, c’è una maestosa e meravigliosa chiesa! Non possiamo non avvicinarci: l’architettura gotica strega tutti noi da sempre! Così attraversiamo questo bel rettilineo e ci ritroviamo ai piedi della cattedrale St. Mary… wow!

Fatti gli occhi, riprendiamo il nostro giro improvvisato e, “gira di qua” e “gira di là”, ci ritroviamo nella famosissima Grassmarket. Deliziosa piazzetta con una schiera fantastica di locali dalle entrate colorate, piena di storia e di bellezza.


Proseguiamo e ci si apre alla vista l’altrettanto famosa e stra-fotografata Victoria Street. Questa strada curva e in salita, è l’apoteosi del colore: costellata ai due lati di negozi e locali dai mille colori differenti, incastonati in due schiere di palazzi attaccati gli uni agli altri… sembra proprio [lo dico o non lo dico?!] Diagon Alley! 😁

I negozi a tema Harry Potter sono stati puntati, dal radar di Diana, alla velocità della luce… non serve dire quale bagliore accende i suoi occhi! Nonostante i suoi 6 anni, si è appassionata tantissimo al famoso mago e al mondo della magia creato dalla scrittrice J.K. Rowling, e nell’approfondire la storia con mia figlia mi sono appassionata molto anche io. Quindi eravamo DUE bimbe felici!!!

Un po’ meno contento delle continue soste a occhi sgranati, è Mirko. Ma i nostri amici gli tengono compagnia e lo distraggono parlando di whisky e kilt. 😁

Ebbene, saliti in cima a Victoria Street ci dirigiamo verso il cuore della Old Town. A pochi passi ecco che incrociamo il Royal Mile, il miglio reale, che collega i due castelli della città: Edinburgh Castle e Palace of Holyroodhouse [la residenza ufficiale in Scozia della Regina, la quale passa qui qualche settimana in estate].

Non ci tiriamo indietro e ci facciamo una bella “vasca”, come si dice a Bologna: un bel avanti e indietro per tutta la via. Prima verso il castello di Edimburgo, che è a pochissimi minuti a piedi da dove siamo arrivati, e poi verso il palazzo di Holyrood.

Viaggiamo costantemente con gli occhi a cuoricino e con la macchina fotografica in mano, pronti a immortalare la qualsiasi! Arriviamo nel piazzale del castello [the Esplanade] e ne ammiriamo l’austera bellezza. Sapendo di visitarlo accuratamente nei prossimi giorni, ci dedichiamo al panorama e al resto degli edifici attorno a noi. Sembra davvero di essere tornati indietro nel tempo, l’aria medievale si respira in ogni angolo: nonostante i negozi moderni e i colori accesi, i palazzi antichi e le loro pietre annerite dal tempo sono ciò che colpisce di più.

E noi, tutti amanti del periodo medievale [per la storia, l’architettura e l’atmosfera misteriosa], non siamo solo colpiti… siamo positivamente frastornati!

Cambiamo direzione per percorrere il resto del Royal Mile e, cammina cammina, ecco che sulla destra appare in tutta la sua magnificenza la Cattedrale di St. Giles.
Qui restiamo ancora una volta senza parole, le foto si sprecano e una in particolare resterà nella storia: seduta sul basamento della statua che c’è nella piazzetta della cattedrale [statua del Duca di Buccleuch], c’è mia figlia sorridente e con i capelli mossi dal vento. “Diana ferma lì che ti faccio una bella foto!”

Entriamo in St. Giles e, se possibile, i nostri occhi si spalancano ancora di più: la maestosità esterna si riflette all’interno ed è davvero una meraviglia gotica da togliere il fiato! Colonne e volte a crociera si ripetono in un’armonica geometria, il vecchio pulpito è una chicca, le innumerevoli vetrate colorate sono spettacolari e poi la Cappella del Cardo con il suo intreccio di fiori… soccia* che bella!!! [*tipica espressione dialettale bolognese 😅]

Scrutando ogni angolino e alcuni closes del Royal Mile, perdiamo un po’ la cognizione del tempo e si è fatta ora di cena. Interrompiamo la “vasca” verso Holyrood Palace e ci fermiamo poco più avanti approfittando del Burgers and Beers Grillhouse: paninoni con hamburger e fish&chips, birre buonissime [Diana una coca-cola eh!!]… una goduria!

La stanchezza del viaggio e delle emozioni inizia a farsi sentire per alcuni di noi, soprattutto la mia piccola Diana, e così il gruppo si divide: noi tre ci incamminiamo verso il B&B, mentre gli altri proseguono fino alla fine del Royal Mile.

Buonanotte!

9 maggio 2015
Oggi giornatona! Abbiamo prenotato ben 2 tour [con la guida italiana] con Scozia Tour e, dopo una buona colazione, ci fiondiamo al primo appuntamento sul Royal Mile, altezza Old Fishmarket Close dove ci aspetta Valentina [la nostra guida]. Oggi siamo divisi: Melly e Teddy esplorano la città e i musei, mentre noialtri siamo qui pronti per il primo tour… che è diventato un tour privato con un itinerario un po’ modificato. Partendo dal tour “Rosslyn & Lowlands” avevamo chiesto [in fase di prenotazione] se si sarebbe potuta aggiungere una tappa a Melrose per vedere l’abbazia. Modificando, naturalmente, l’itinerario del tour originale, ci hanno accontentati!

Partenza ore 8 e via con la prima tappa: Rosslyn Chapel.

Il viaggio è stato comodo e Valentina non ci ha fatti di certo annoiare, anzi con le sue parole ci ha fatto dimenticare di essere in auto: aneddoti storici, personaggi, panorami e curiosità raccontate con passione, simpatia e professionalità!

Arriviamo a destinazione e Rosslyn Chapel ci lascia stupiti. L’edificio è l’apoteosi dell’architettura gotica medievale, con le sue splendide bifore e il rosone che arricchisce la facciata.
Le giriamo intorno per ammirarla da ogni angolo, sempre accompagnati da Valentina che ci illumina con la storia del luogo, e poi entriamo. Con tutto quello che c’è da vedere, gli occhi vagano da tutte le parti: dettagliate decorazioni ricoprono soffitti, pareti e colonne. Di queste ultime, due in particolare catturano lo sguardo e sono la “colonna del maestro” e la colonna “dell’apprendista”.
All’interno è vietato fare fotografie e quello che stiamo vedendo cerchiamo di imprimerlo nella memoria, ma c’è tanto da ammirare e tanto da ascoltare [Valentina ci ha consigliato l’audioguida fornita dal personale presente alla cappella, che poco gradisce la presenza di guide di altre agenzie… così ci attende fuori] e servirà una sezione dedicata!

Simbolismi dai significati nascosti e verità occulta, sacro e profano, miti e leggende sono ciò che si respira all’interno della cappella. Un po’ di pelle d’oca ce l’abbiamo!!😅

Qualche foto ancora all’esterno e poi ci rimettiamo in marcia, verso la seconda tappa: Melrose Abbey.

Ancora i bellissimi panorami delle Lowlands ci accompagnano e noi li ammiriamo dai finestrini… prati verdissimi con simpatici “puntini” bianchi che brucano e si riposano: le mitiche pecorelle dal musetto nero, le “black faces”.

Eccoci arrivati. Lasciamo l’auto, e di nuovo Valentina, e arriviamo alla biglietteria. Col mio super-inglese [grazie Rudy per l’affiancamento!😁] prendo i biglietti per noi tre. La gentilissima signora, che nota subito la piccola Diana, mi allunga anche un simpatico gioco per lei: una tavoletta portablocco con un foglio da compilare e crocettare in base all’itinerario di esplorazione dell’abbazia. Nonostante sia, ovviamente, in inglese [e nonostante siamo noi, a turno, a tradurle cosa c’è scritto], Diana si è divertita come una matta, in giro con la sua tavoletta e la sua penna… una maestrina!

Anche qui, come nostro solito, siamo a bocca aperta ed io devo ammettere che l’abbazia di Melrose, pur essendo in rovina, mi entra dentro: se a Rosslyn mi è venuta la pelle d’oca per l’atmosfera esoterica, qui è l’imponenza a far drizzare i capelli. Camminare tra quelle alte rovine di arenaria rossa, gli archi immensi e gli altissimi soffitti a volta… ti fa sentire così piccolo, e allo stesso tempo avvolto dalla bellezza architettonica e partecipe della sua storia. Prima di entrare, Valentina ci ha dato qualche dritta, indirizzandoci verso particolari interessanti come “il cuore di Robert the Bruce”: questa piccola lapide, questo scrigno rotondo e decorato con cuore e iscrizione sul drappo [“a noble hart may have nane ease gif freedom failye” che dovrebbe essere tradotto come “un cuore nobile potrebbe non avere riposo se la libertà viene a mancare”], si dice contenga il cuore imbalsamato di Re Robert Bruce.

Continuiamo il nostro giro col naso all’insù, imbocchiamo una scaletta a chiocciola per godere anche della vista dall’alto sia delle rovine sia dell’antico cimitero adiacente.

Non l’ho ancora detto, ma ho un debole per i vecchi cimiteri… con le lapidi storte e a volte illeggibili da quanto il tempo le abbia consumate. La cosa che mi piace di più, oltre a passeggiare tra di esse, è soffermarmi a leggere nomi e date, e fantasticare su chi siano state quelle persone e alla vita che possono aver vissuto.

Ma ahimè il tempo vola ed è tempo di concludere il giro e prendersi una meritata pausa per il pranzo. Valentina ci consiglia un pub-ristorante nelle immediate vicinanze, così da approfittare anche per una fugace sbirciatina al paesino di Melrose, mentre lei ci avrebbe aspettati alla macchina…. cosa?! Eh no cara Valentina, sei al cospetto di 5 bolognesi simpatici e chiacchieroni che fino ad ora ti hanno ascoltata in ammirato silenzio… adesso tocca a te! Vieni con noi!

E così, convinta Valentina [non che abbia molta scelta!], ci addentriamo al “Ship Inn” dove ci scappa un buonissimo fish&chips! Impariamo anche una cosa nuova: è usuale consumare l’acqua del rubinetto al posto di quella in bottiglia, e quindi anche noi chiediamo “tap water please” 😄

Bene: mangiare abbiamo mangiato, bere abbiamo bevuto… ripartiamo e terza tappa sia: il castello di Stirling!

I paesaggi degli Scottish Borders ci accompagnano ancora e li guardiamo scivolare dai finestrini, mentre Valentina ci delizia con qualche anticipazione sul castello. Eccoci arrivati!

All’entrata del castello ci accoglie Lui, Robert the Bruce e là, in lontananza ecco ergersi in tutto il suo splendore il monumento a William Wallace.

Entriamo ad esplorare il castello e, sia all’esterno sia all’interno, scattiamo a più non posso… strano! 😁
Valentina ci fa notare che la parte superiore merlata dei due torrioni, come quella sopra l’arco di ingresso, sono stare ricostruite nel XVIII secolo in seguito ad uno degli ultimi assedi. Le parti più antiche invece risalgono al XII secolo… wow!

Ci stupisce l’imponenza dell’intero castello, suddiviso in vari edifici, e dei ripidi strapiombi che lo circondano: come il castello di Edimburgo, anche questo è costruito sopra un colle [un vulcano inattivo, in realtà]

All’interno, sorprendono la Queen’s Inner Hall per ricchezza e fastosità delle decorazioni e la Great Hall con il suo altissimo soffitto, che riproduce la struttura di una nave, e i suoi innumerevoli camini.

Questa volta, fortunatamente, la nostra guida ci accompagna e ci aiuta nella traduzione dello stretto scozzese: c’è un simpatico signore, vestito di tutto punto in stile medievale e con una bella barba bianca, che fa a sua volta da guida per le stanze del castello. Ci aggreghiamo al gruppetto e ascoltiamo estasiati ma con grande fatica: “riuscite a capire un po’ cosa dice?” e al nostro “mhmm insomma…” la grande Vale ci riassume velocemente l’aneddoto raccontato dal mitico personaggio.

Non può mancare uno spazio dedicato ai bambini: una sala tutta per loro, con un baule pieno di vestiti e un grande specchio, dove trasformarsi in principi e principesse!

Non svelo troppo perché secondo me merita davvero una visita!

Che dire, è tempo di rimettersi in marcia verso Edimburgo perché abbiamo anche il secondo tour da fare, eh!!!
Ci godiamo i paesaggi ancora una volta, rilassandoci sui sedili e ripensando a tutto il bello visto oggi… 😍

Eccoci di nuovo sul Royal Mile, a salutare e ringraziare Valentina per la bellissima giornata. Restiamo qui, ci riuniamo con Melly e Teddy, e ci allunghiamo in un posticino che ci ispira: il Maxies, in Johnston Terrace.

Jader, coraggioso, assaggia il piatto scozzese per eccellenza: l’haggis! Noialtri, meno temerari, ci lasciamo tentare da pane all’aglio [semplice ma gustoso, il garlic bread ormai lo faccio anche a casa!), pollo, salmone e le immancabili chips. Tutto molto buono!

Torniamo al solito punto d’incontro con la guida di Scozia Tour per… rullo di tamburi… il “Tour dei Fantasmi” che si svolge rigorosamente dopo il tramonto!

La nostra guida ci dà il benvenuto nella Edimburgo oscura, anticipandoci che saremo “toccati” da misteri, fantasmi e dall’eco di eventi sanguinosi… senza accorgercene, ci siamo già fatti trasportare in uno dei close: “alcuni di questi vicoli – come quello in cui siamo ora – servivano sì come passaggio per muoversi attraverso la città, ma erano anche fognature a cielo aperto: gli abitanti dei palazzi sovrastanti gettavano dalle finestre le deiezioni quotidiane e le acque sporche al grido di “GARDYLOO” – dal francese “garde à l’eau” (attenzione all’acqua!). Naturalmente questo era sinonimo di malattie, potete immaginare quante morti ci sono state”.

Cammina cammina, arriviamo a fianco dello strepitoso Balmoral Hotel e qui Fabio, la nostra guida, si ferma… ci guarda con aria sorniona come per dire “ehhhhh? lo sentite?” e poi… poi non dice nulla! Si gira e prosegue a camminare! Noi restiamo “così”, non sappiamo se ridere o preoccuparci, se seguirlo o scappare a gambe levate 😂. Ma proseguiamo in silenzio, lanciandoci occhiate esaustive: “se fa qualcosa di strano lo accerchiamo e vinciamo noi!” 😁

Finalmente scopriamo il perché di quel comportamento… sembra che un fantasma aleggi nell’hotel… ma non riusciamo ad estorcere altri particolari… Fabio ci tiene sulle spine e resta il mistero!

Poi è la volta di dirigersi verso Calton Hill, perché? Beh naturalmente è ora di visitare un cimitero!

Eccoci al Old Calton Burial Ground, dove Fabio ci fa passeggiare tra le lapidi fino a che ci fermiamo davanti a quella di tale David Allan, pittore del XVIII secolo. Bella eh, ma non è tanto l’epigrafe da guardare, quanto il retro della lapide: una leggenda popolare dice che l’ultimo ritratto eseguito dal pittore sia stato fatto dopo la morte e che tale ritratto sia apparso sul retro della sua lapide: un visto urlante, deformato dal dolore o dalla paura.

Sarà suggestione ma…. brrrrr 🥶

Procediamo e saliamo a Calton Hill per una visione delle luci della città…
che meraviglia! 🤩

Chiudendo così in bellezza, iniziamo la discesa e ci dirigiamo di nuovo verso il Royal Mile, dove salutiamo il nostro amico.
Data l’ora pensiamo bene di tornare al B&B a riposarci per bene in vista dell’ultimo giorno a nostra disposizione in questa magica città.

10 maggio 2015
Altro giorno, altro tour! Sempre con Scozia Tour, abbiamo prenotato la “Passeggiata Storica di Edimburgo”. Lavati e vestiti, colazione al volo e via verso il solito posto per l’appuntamento con la guida! Non vediamo l’ora di avere nuove info, curiosità e conoscenze sulla città che ci ha ammaliato tutti.

Questa volta la nostra guida si chiama Martina e ci illustra subito qualche statua del Royal Mile, prima fra tutte quella del filosofo David Hume e del suo alluce: come mai è l’unica parte della statua ad essere ancora del colore bronzo originale, mentre tutto il resto è ossidato? Facile… toccare il ditone porta fortuna!

Gesto che si ripete – anche se per un motivo differente – per la statua di Bobby, un simpatico cagnolino di razza Terrier divenuto importante simbolo della città.
Ed è proprio lì che ci dirigiamo, ad ammirare la sua statua e ad ascoltare la sua emozionante storia.

Bobby era il cagnolino di John Gray, guardia notturna della polizia della città. Vissero insieme felicemente ma per soli due anni, perché purtroppo John morì di tubercolosi. Venne sepolto nel cimitero di Greyfriars e Bobby vegliò sulla tomba del suo padrone per ben 14 anni.
Quando il fedele Bobby morì, non solo ebbe l’onore di una statua ma la cittadinanza e alcuni nomi illustri dell’epoca fecero l’impossibile: naturalmente ai cani non era concessa la sepoltura, anzi, per i randagi era previsto addirittura l’abbattimento, così Bobby venne nominato “cittadino di Edimburgo” dandogli il cognome Greyfriars. In questo modo, come fosse una persona, si guadagnò la sepoltura [seppur non in terra consacrata] nelle immediate vicinanze del suo padrone.

Si dice che la notte le loro anime si ritrovino e giochino insieme. Per questo, sulla tomba di Bobby vengono lasciati rametti e giochini.

Non è una storia meravigliosa?

Ma facciamo un passo indietro: perché toccare la statua di Bobby?
Beh pare che toccare il nasino di Bobby [anche qui, l’unica parte della statua a non essersi scurita] esaudisca il desiderio di tornare a Edimburgo! Toccate gente, toccate!! 😍

La visita prosegue proprio all’interno del Greyfriars Kirkyard e qui, signore e signori, non si spalancano solo gli occhi, ma anche il cuore!

Ho accennato prima al mio grande interesse [oserei dire passione] per i cimiteri antichi, e qui c’è tanto da ammirare.
Meravigliosi “giardini di pietra” li chiamo io.

Lapidi interrate sbilenche, consunte e ricoperte di muschio, tombe monumentali dal fascino un po’ macabro e una sezione un po’ particolare del cimitero catturano l’attenzione. Proprio quest’ultima parte ottiene la mia di attenzione e sono tutta orecchi quando Martina ci spiega cos’è: la prigione dei Covenanters.

Chi erano i Covenanters? Mi lancio in un piccolo sunto storico…

Quando il re Carlo I decise di introdurre la fede anglicana anche in Scozia, la notizia non fu accolta per niente bene dai cittadini scozzesi. Così, riunitisi proprio nella chiesa di Greyfriars, gli attivisti religiosi presbiteriani firmarono il National Covenant [il patto nazionale della Scozia] da cui presero il nome “Covenanters”.

Per farla breve, molti di loro furono catturati, torturati e condannati alla prigionia proprio all’interno del cimitero, la “Covenanter’s Prison” appunto. Alcuni di loro vennero poi deportati come schiavi in America, ma morirono in seguito ad un naufragio; altri furono impiccati a Grassmarket, altri morti sotto le torture… insomma nessuno sopravvisse.

Un luogo così pregno di sofferenza e violenza non poteva non diventare uno dei luoghi più infestati del pianeta! Martina ci dice che, da fine anni ‘90, questa parte del cimitero è inaccessibile ai visitatori proprio perché alcuni di essi sono stati vittime delle attività paranormali: una volta attraversate le prigioni, pare uscissero pieni di lividi e graffi. 😱

Ma Greyfriars Kirkyard non è solo fantasmi e poltergeist.

Qui, a passeggiare nella tranquillità assoluta, c’è stata anche lei: J.K. Rowling. Proprio qui, in effetti, pare aver preso ispirazione per qualche nome noto del suo mondo magico…
Passeggiando tra le lapidi, si possono trovare i nomi di Thomas Riddell, William McGonagall, Elizabeth Moodie, Margaret Louisa Scrymgeour… dicono qualcosina?
In ultimo, non si può non citare la George Heriot School [i cui cancelli laterali danno proprio sul cimitero] che sembra essere stata d’ispirazione per la suddivisione in 4 casate di Hogwarts [nella scuola di magia sono Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde, mentre alla George Herriot’s School sono Greyfriars, Lauriston, Reaburn e Castle]

Ma il giro non è finito e, usciti dal cimitero, ci dirigiamo a Grassmarket.

Martina ci racconta delle varie funzioni di questa piazzetta: dal mercato del bestiame a luogo di pubbliche condanne a morte per impiccagione, oggi Grassmarket è una ben più tranquilla piazzetta dominata dall’alto dal castello. Animata, perché piena di locali frequentatissimi.

Alcuni di questi locali, come il “Maggie Dickson’s Pub” e il “The Last Drop”, sono famosi per strani e macabri avvenimenti.

Il pub “Maggie Dickson” porta il nome di questa donna [nota come Half Hangit Maggie Dickson] che, a seconda delle versioni della storia, era una pescivendola o una domestica, che fu condannata a morte per il presunto omicidio del figlio. Dopo l’impiccagione, avvenuta a Grassmarket, il corpo della donna fu trasportato in una bara fino a Musselburgh. Lungo la strada però il conducente del carro sentì dei rumori provenire dalla bara: Maggie era viva! Il fatto fu considerato un segno divino, Maggie fu lasciata libera e visse per altri 25 anni.

Il pub “The Last Drop” richiama sempre al periodo delle impiccagioni tant’è che la stessa insegna mostra proprio il cappio. Pare che “last drop” [letteralmente “ultima goccia”] sia riferito all’ultimo bicchiere concesso ai condannati a morte. Un’altra interpretazione vedrebbe la parola “drop” come “caduta” e quindi il pub avrebbe preso questo nome come commemorazione dell’ultima impiccagione a Grassmarket.

Ebbene, dopo questa botta di allegria ci meritiamo una pausa merenda e così entriamo al Biddy Mulligans. Chi un cappuccino, chi un succo di frutta e chi un hot toddy: una profumata bevanda calda a base di whisky, acqua e miele… chi mai l’avrà ordinata? Mirko e Jader naturalmente!

Recuperiamo Martina e continuiamo a girare per la Old Town, ammirando la profonda conoscenza della nostra guida, fino a ritrovarci sulla spianata del castello.
Qui, dopo ulteriori informazioni e aneddoti storici, Martina ci saluta e ci lascia all’esplorazione in autonomia del castello.

Varchiamo il portone e ci sembra di attraversare un portale del tempo e il fascino medievale esplode tra le viuzze interne del castello: tutto è costruito in pietra [edifici, vialetti, parapetti], bellissima e scura, e passare sotto questi archi è un’emozione. La viuzza si snoda su per la collina arrivando ad una piazzetta [Crown Square] da dove si può accedere allo Scottish National War Memorial, un monumento ai caduti della prima guerra mondiale, davvero imponente.
Sempre da qui si accede alla Sala Grande [dove, inizialmente, si riuniva il parlamento scozzese] e al Palazzo Reale, dove si trova l’esposizione dei gioielli della Corona Scozzese: la corona, lo scettro e la Pietra del Destino, sono i 3 pezzi principali, ma si possono ammirare anche altri oggetti preziosi appartenuti ai re scozzesi.

All’interno del castello non mancano i musei da visitare [National War Museum, Museum of Royal Scots and the Royal Regiment e Royal Scots Dragoon Guards Regimental Museum] oltre a tutto il resto da ammirare, come i panorami visti dalle mura e le prigioni.
E i cannoni!! I più famosi sono il One o’ Clock Gun, che spara un colpo [a salve eh!] all’una ogni giorno, tranne la domenica, il Venerdì Santo e il giorno di Natale, e il Mons Meg, il gigantesco cannone d’assedio del XV secolo che punta sulla città… ma fortunatamente non spara più da secoli!!

Approfittiamo del bar presente per una pausa pranzo veloce: un bagel al salmone, una bottiglietta d’acqua e via!

Nel cortile superiore, c’è l’edificio che più ci ha colpiti: è il più piccolo, il più semplice e il più antico [non solo del castello, ma di tutta Edimburgo!]. Si tratta della Cappella di Santa Margherita, una piccola cappella in stile romanico, del XII secolo. Dentro è semplice, spartana, e proprio per questo spiccano e saltano subito all’occhio le decoratissime vetrate colorate. Una vera chicca!

Un altro angolino inaspettato ma di forte impatto è il piccolo cimitero dei cani-soldato. Vale davvero una sosta e un pensiero commosso.

Usciamo dal castello un po’ controvoglia perché è proprio bello essere qui, ma è già pomeriggio e ora è tempo di dedicarsi alle frivolezze… un po’ di shopping ci vuole eh!

Ma prima, noi tre, ci buttiamo ed entriamo all Camera Obscura and World of Illusions… oh mamma che spasso!! Non dico altro perché è da provare!!!

Usciamo e raggiungiamo gli altri sul Royal Mile per prendere qualche souvenir…
Mirko mi vede, ad una bancarella, provare nel pollice un anello d’argento decorato con nodi celtici e mi dice “dai, te lo regalo io: anello di fidanzamento” 😁 Gli va grassa che ha una donna poco incline alle “spese folli” e se la cava con [ben] 12 pounds! Ci infiliamo in un negozio di oggetti vari e Mirko si invaghisce di una tazza col leone rampante… presa!

Becco la Melly che fa incetta di sciarpe in tartan, ma ho perso di vista la Rudy e gli altri due uomini… potrebbero essere davanti alla vetrina dello Scotch Whisky Experience Shop!

Gira e prilla [come diciamo a BO] si fa quasi ora di cena e, cellulare alla mano, cerchiamo qualche pub in cui possano entrare anche i bambini… eh sì perché, purtroppo o per fortuna, nei pub è solitamente vietato l’ingresso ai minor seppur accompagnati. Ma non c’è da disperare, perché ci sono comunque alcuni pub “children friendly” [con apposita licenza] così che ci sia per tutti la possibilità di godersi l’esperienza “pub”, che non può mancare!!

Naturalmente noi siamo super-fortunati e, in quei due o tre pub in cui ci affacciamo a chiedere se hanno posto, son tutti pieni! Decidiamo allora di incamminarci verso Stockbridge e cercare qualcosina lì, così da essere anche già vicini al B&B. Incappiamo nel Buffalo Grill, che non è tipicamente scozzese ma che ha posto e noi siamo affamati [😅] quindi va alla grande. Tra l’altro abbiamo anche mangiato bene e il gestore, simpaticissimo, ci fa assaggiare un whisky che è poi diventato il mio preferito: il Laphroaig Quarter Cask.

“Ice?” ci chiede il proprietario, indicando i bicchieri che sta riempiendo con questo liquido dorato. Gli diciamo di no, che va bene così com’è, e lui ci dice sorridendo e facendo l’occhiolino “very scottish!”.

E mentre Teddy si offre di sistemare le regolazioni della macchina del caffè, noi ci portiamo prima al naso e poi alle labbra il bicchiere di whisky… ma che profumo fa? Torba, ci spiega il proprietario, è uno dei molti whisky torbati prodotti in Scozia. Wow! Ora siamo ancora più curiosi di assaggiarlo, e non delude il sapore. Certo, il gusto torbato è molto particolare e credo che si possa dire “o lo ami o lo odi”… personalmente me ne sono innamorata alla follia!

Ringraziamo e salutiamo il nostro simpaticissimo ristoratore e andiamo verso il letto, commentando ancora questa nuova esperienza!
Come detto all’inizio del racconto, anche i gestori del B&B sono da ringraziare: hanno già prenotato per noi il taxi che domani mattina prestissimo, ahinoi, ci riporterà in aeroporto.

Questa notte credo farò fatica a dormire, un po’ per il dispiacere di sapere che sarà l’ultima e che questo mini-viaggio è stato troppo “mini”, e un po’ perché non riesco a smettere di ripercorrere con gli occhi della mente tutto ciò che ho visto.
Anche Diana vorrebbe restare di più, si vede dal faccino meno sorridente del solito.
Mentre le faccio due coccole prima di dormire, le ricordo una cosa: “Diana hai presente la statua del cagnolino? Quella a cui tutti noi abbiamo toccato il nasino? Ecco vedi, toccare il nasino mentre si esprime il desiderio di tornare fa sì che il desiderio si avveri! Anche tu hai espresso il desiderio, vedrai che si avvererà e torneremo qui, ok?” e mentre annuisce si addormenta.

Buonanotte piccola mia, buonanotte a tutti.

11 maggio 2015
Ahhh che giorno triste… giorno si fa per dire: son le 4 ed è buio pesto! Beh ci tocca: il trolley è fatto da ieri sera, ci dobbiamo solo svegliare [due schiaffi e via!😂] e prepararci, scendere e salire sul taxi.

Arrivati in aeroporto, facciamo il check-in ed entriamo nel magico mondo del duty-free. Negozietti di ogni genere ci attirano a dare uno sguardo: tartan ovunque, dall’abbigliamento all’oggettistica, poi una carrellata non indifferente di whisky… strano che io mi fermi lì, vero? Mi metto a cercare quel Laphroaig di ieri sera, mentre gli occhi scorrono altri nomi sconosciuti e non. Eccolo qui! “Mirkoooo lo prendiamo??” ma certo che sì! Mio!

Approfittiamo del bar per fare colazione e ci sediamo in attesa dell’apertura del gate.

Sembrerebbe la solita noia pre-partenza, ma noi non saremmo noi se non ci capitasse una sfiga! Durante l’attesa, mentre Diana gioca sulla sedia, tiro fuori tutti i documenti e le carte d’imbarco per un eccesso di scrupolo e mi metto a controllare una cosa alla volta con Mirko.

“Carte d’imbarco: la mia c’è, questa è la sua, questa è la tua… ok perfetto. Tieni” e le passo a Mirko che le mette tutte assieme dentro la mia borsa. “Poi, documenti: te la tua carta d’identità ce l’hai nel portafoglio e ok. La mia è qua assieme a quella di… oh c***o! Dov’è finita quella di Diana?! Era qua adesso!”

Panico. Presente il panico?! 😱

Io mi rimetto a controllare ogni tasca, borsa e trolley, e sembro una matta. Il buon Mirko prende e si fa tuuuutto il percorso a ritroso: sai mai che sia caduta e non ce ne siamo accorti [caduta da dove non si sa, ma a quel punto le provi tutte!]. Poi torna, bianco come un cencio, dicendo che non la trova. Sicché ci ritroviamo in piedi, in un silenzio atterrito che dura qualche interminabile secondo, quando nostra figlia si alza dalla sedia, prende qualcosa dalla tasca posteriore dei jeans, alza la mano verso di noi e dice “è questa?” e aveva in mano la sua carta d’identità.

Inutile dire che, con il grande istinto materno che mi contraddistingue, gliene ho dette di ogni!! 🤬
Poi l’adrenalina si scarica ed è meglio che mi sieda… E poi giù a ridere come dei pazzi!

È tempo. Il gate apre e dobbiamo andare.

Saliamo sull’aereo e ci sistemiamo. Ancora due chiacchiere con gli altri fino al decollo e poi mi prendo qualche minuto per guardare fuori dal finestrino mentre l’aereo si stacca da terra.

Non so cos’è, ma inizio a sentire un pizzicorino che mi inumidisce gli occhi.

È lui. È il mal di Scozia, mi sa. Sono ancora nello spazio aereo scozzese, ma sento già la nostalgia. Vorrei scendere, tornare indietro e restare ancora.

Nel giro di due minuti di orologio, penso già al prossimo viaggio perché so che voglio tornare, che devo tornare. Nessuno se ne accorge, ma mi asciugo rapidamente una guancia e torno a guardare Diana e a parlare con lei.

E intanto comprendo che un pezzo del mio cuore è rimasto a terra. È rimasto in Scozia.

Cranachan

Ingredienti

  • 400 gr panna fresca liquida fredda
  • 250 gr lamponi
  • 100 gr mascarpone
  • 60 gr fiocchi d’avena
  • 35 gr whisky single malt
  • 35 gr miele d’acacia

Procedimento

  • Versare la panna fresca liquida (ben fredda) in una ciotola insieme al mascarpone e al miele
  • Montare il composto con le fruste elettriche, poi aggiungere il whisky e mescolare con una spatola per incorporarlo
  • Lavare e asciugare i lamponi, e ridurne la metà in una purea grossolana
  • Scaldare una padella antiaderente e tostare l’avena per circa 3 minuti fino a quando sarà dorata, tenere da parte una cucchiaiata per la decorazione, il resto amalgamarla alla crema
  • Assemblare il cranachan: prendere 4 bicchieri trasparenti della capacità di 200 ml e mettere alla base qualche lampone intero, alternare uno strato di crema e uno di purea di lamponi tenedo come ultimo strato la crema con una spolverata di avena tostata e un paio di lamponi interi
  • Mettere in frigo per alcuni minuti prima di servire


Suggerimento

Nessuna paura di sperimentare la quantità di miele o whisky!
Questi due ingredienti vengono spesso lasciati sul tavolo a disposizione degli ospiti, in modo che possano aggiungerli secondo i propri gusti.


Variante personale 😋

Ho provato a non mescolare l’avena alla crema di panna, ma di utilizzarla come strato a sé: purea di lamponi, crema, avena tostata. Resta più croccante e così il Cranachan mi piace ancora di più!